C’è un confine, nel lavoro d’ufficio, che finora separava chi “usava” il software da chi lo “costruiva”. Microsoft ha deciso di assottigliarlo fino quasi a farlo sparire. Con l’ultimo aggiornamento, Copilot non è più solo un compagno di scrittura o analisi: diventa un posto in cui descrivi ciò che ti serve e, nella stessa finestra, prende forma un’app completa di interfaccia, dati e permessi; nasce un flusso che invia promemoria, consolida scadenze e fa partire approvazioni; compare persino un agente specializzato che risponde alle domande della tua organizzazione. È l’idea di “AI-powered building” resa quotidiana, senza nuove console da imparare né linguaggi da studiare, perché l’ingresso è la stessa chat che usi già. La novità è stata presentata il 28 ottobre direttamente sul blog Microsoft 365, che parla di due agenti — App Builder e Workflows — e di una versione “leggera” di Copilot Studio incorporata in Copilot per creare agenti personalizzati, tutti pensati per conversare e costruire in modo naturale, dentro i confini di sicurezza e governance di Microsoft 365.
Il punto cruciale non è solo la generazione in sé, ma dove avviene e su quali fondamenta poggia. Copilot lavora immerso nel contesto del tuo tenant: documenti, presentazioni, fogli di calcolo, appunti, chat, trascrizioni di riunioni, SharePoint, Planner, fino ai connettori verso sistemi esterni. Questa prossimità cambia la qualità degli output, perché l’assistente non fabbrica oggetti astratti: li ancora alla sostanza del lavoro e ne rispetta i permessi, i ruoli, i criteri di prevenzione perdita dati, l’inventario centralizzato che gli amministratori possono consultare e governare dall’admin center. È la promessa di “sicurezza by default” per elementi che nascono conversando e che, una volta utili, possono essere promossi a soluzioni ufficiali o riassegnati quando un dipendente cambia ruolo o lascia l’azienda. In altre parole, democratizzazione sì, ma incorniciata da visibilità e controllo.
Nella pratica, App Builder è il volto più “tangibile” di questa trasformazione. Descrivi l’app che ti serve — un tracker per i lanci, un cruscotto con grafici e calcoli, un registro di attività con viste per team — e Copilot ne abbozza l’ossatura, poi la rifinisce con te, iterazione dopo iterazione, sempre in chat. I dati nuovi possono essere generati e conservati su Microsoft Lists, evitando di doversi preoccupare subito di un database “serio”: quando servirà, l’app potrà crescere, aprirsi in Power Apps, appoggiarsi su Dataverse e assorbire codice personalizzato. L’idea dichiarata è “no cliffs”: nessun precipizio tra il prototipo conversazionale e la piattaforma professionale, così da non dover mai “buttare via” ciò che hai costruito per ricominciare da capo.
Workflows, a sua volta, traduce richieste in automazioni che corrono tra Outlook, Teams, SharePoint, Planner e i servizi di approvazione. Vedi comparire i passaggi in tempo reale mentre Copilot li compone, li modifichi a voce, li estendi senza cambiare ambiente. È una declinazione molto concreta del vecchio sogno “no-code”, che Microsoft persegue da anni con Power Platform: oggi non ti chiede di ricordare dove cliccare per aggiungere un trigger o un’azione, ma di spiegare cosa vuoi ottenere. Questa immediatezza non nasce dal nulla: è l’eredità di un ecosistema low-code che, secondo i numeri pubblicati nel 2025, ha superato i 56 milioni di utenti attivi mensili e che ora confluisce, per una parte crescente dei casi d’uso, direttamente nell’esperienza conversazionale di Copilot.
La terza gamba è l’agente. Dentro Copilot c’è una versione snella di Copilot Studio che trasforma parole in un agente operativo, con logica strutturata e istruzioni chiare, capace di attingere all’informazione aziendale e di crescere, quando necessario, nella suite completa di Studio, dove si aprono scenari più complessi: orchestrazione multi-agente, flussi avanzati, scelte di modello, integrazioni estese. Questa progressione ribadisce l’idea che l’AI non sostituisce gli sviluppatori, ma sposta più vicino agli utenti finali l’atto di “cominciare” a costruire. Quando l’uso diventa esterno o ad alto rischio, Microsoft stessa ricorda che servono professionalità e processi di sviluppo: l’AI accorcia l’avvio, non elimina la responsabilità.
C’è un aspetto di go-to-market che rende l’operazione ancora più pratica: la disponibilità passa dall’Agent Store di Microsoft 365 e, in questa fase, dal programma Frontier, cioè l’anello di early access riservato ai clienti Copilot che vogliono spingere per primi sulla produttività aumentata dagli agenti. È una scelta che tiene insieme entusiasmo e cautela: entra chi è pronto a sperimentare, ma dentro recinti di adozione e monitoraggio pensati apposta per questi scenari.
Il contesto industriale aiuta a capire la portata. VentureBeat ha descritto questa svolta come l’espansione più aggressiva finora nel matrimonio tra IA e sviluppo software, con App Builder e Workflows integrati nell’abbonamento a Microsoft 365 Copilot e una visione in cui anche i non tecnici “creano” invece di limitarsi a utilizzare. È una fotografia giornalistica coerente con la traiettoria che vediamo: portare lo sviluppo dove già vivono i contenuti e le conversazioni di lavoro, scommettendo che la soglia d’ingresso si misuri più in termini di desiderio e fiducia che di competenze.
Le implicazioni organizzative sono notevoli. Se ogni dipendente può sbozzare un’app o un flusso, la curva di valore si popola di soluzioni “microscopiche” che risolvono frizioni locali: tre persone che si scambiano compiti in un reparto, un team che organizza un piano lanci, un responsabile che pulisce un processo d’approvazione. L’amministrazione centralizzata, con inventario e permessi, serve proprio a distinguere ciò che resta piccolo e ciò che merita promozione e hardening IT, evitando l’effetto “shadow IT” non sorvegliato e al tempo stesso non spegnendo la creatività dal basso. Microsoft inquadra questo equilibrio come una continua selezione naturale: lasciare fiorire, poi far salire di livello ciò che cresce davvero.
Visto dal punto di vista dell’utente, l’esperienza fa leva su un cambio di mentalità. Il foglio bianco non è più un canvas vuoto di componenti da trascinare, ma un dialogo in cui si descrive il risultato che si vuole ottenere. L’iterazione diventa conversazione, e la “prima bozza” non è un mockup da interpretare, è un oggetto funzionante che puoi provare subito. Se vuoi restare qui, bene; se vuoi andare oltre, il ponte verso Power Apps, Power Automate e Studio rimane sempre aperto. L’assenza di “precipizi” tecnici è ciò che potrebbe rendere sostenibile l’adozione: si comincia in piccolo senza confliggere con i percorsi enterprise quando il perimetro si allarga.
Certo, restano domande a cui ogni organizzazione dovrà rispondere. Quanto tempo si risparmia davvero se la manutenzione di molte mini-soluzioni ricade su chi le ha create? Quali confini mettere perché un agente interno non diventi un “front-end” di fatto verso l’esterno? Come evitare che l’entusiasmo di una stagione porti a un sottobosco di strumenti che invecchiano male? La scelta di introdurre tutto all’interno di Microsoft 365, con regole di accesso già in vigore e un amministratore che vede e governa, è un primo antidoto. La scommessa più grande, però, è culturale: se milioni di persone iniziano a percepirsi non solo come “utenti evoluti”, ma come costruttori occasionali, allora l’unità minima del miglioramento non sarà più il documento o l’email, ma il piccolo pezzo di software che crea un’abitudine nuova.
Per chi osserva il mercato, l’impressione è quella di un ciclo che si chiude. Dopo anni in cui il low-code ha preparato il terreno, Microsoft prova a portare la semina dentro la conversazione quotidiana. Il risultato, quando funziona, è una scorciatoia che non brucia le tappe: si parte parlando e si arriva a costruire, senza negare spazio a chi, di mestiere, deve mettere a terra sistemi esterni, integrare API, modellare dati, certificare la sicurezza. Se l’AI doveva diventare davvero “operativa”, è da qui che passa: trasformare la chat in un’officina
