Nel centro di Tokyo, al Mori Art Museum, è stata inaugurata una mostra che sfida le convenzioni artistiche e filosofiche contemporanee: Love Machine – Video Game, AI and Contemporary Art. Questa esposizione riunisce circa cinquanta opere realizzate con motori grafici di videogiochi, intelligenza artificiale generativa e realtà virtuale, creando un ponte tra l’arte tradizionale e le nuove frontiere tecnologiche.
Il titolo stesso della mostra, Love Machine, suggerisce un’esplorazione del rapporto tra emozioni umane e intelligenza artificiale. Le opere esposte non si limitano a rappresentare l’amore in senso romantico, ma interrogano anche la capacità delle macchine di comprendere e forse, in futuro, di provare emozioni. Artisti provenienti da tutto il mondo hanno utilizzato tecnologie avanzate per creare esperienze immersive che sfidano la nostra percezione della realtà e dell’intelligenza.
Tra le installazioni più significative spicca Silicon Serenade dell’artista taiwanese Hsu Chia Wei. Quest’opera presenta una scena virtuale di un mare e una spiaggia, accompagnata da un concerto di violoncello subacqueo generato dall’IA, il tutto immerso in un ambiente di realtà virtuale. Le immagini reali dell’Istituto di ricerca di tecnologia industriale di Taiwan, noto per la produzione di microchip utilizzati nell’IA, aggiungono una dimensione critica alla riflessione sull’origine materiale e sulle implicazioni geopolitiche della tecnologia.
Altre opere presentano visioni estetiche affascinanti, create attraverso software di videogiochi o collaborazioni tra esseri umani e IA. Sebbene notevoli nella loro riuscita visiva, alcune di queste installazioni sollevano interrogativi sulla profondità del loro messaggio e sulla capacità dell’arte generata dall’IA di andare oltre la superficie estetica.
La mostra non si limita a celebrare le potenzialità dell’intelligenza artificiale, ma invita anche a una riflessione critica sul suo ruolo nella società. Il sociologo Aaron Benanav, citato nel catalogo della mostra, sottolinea come l’IA generativa, se non controllata, possa trasformare il lavoro umano in modi che peggiorano la precarietà e ampliano le disuguaglianze esistenti. Queste preoccupazioni emergono in modo evidente nelle opere esposte, che mettono in luce le contraddizioni e le sfide etiche legate all’uso delle nuove tecnologie.