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Il lutto, uno degli aspetti più universali e radicali dell’esperienza umana, sta vivendo una trasformazione profonda grazie all’intelligenza artificiale. La cosiddetta “grief tech” sta emergendo come un settore in crescita, che promette di mantenere viva la presenza dei defunti attraverso tecnologie sempre più sofisticate. Ma a quale prezzo? Questa evoluzione solleva interrogativi etici, psicologici e filosofici sul nostro rapporto con la morte e la memoria.

Tradizionalmente, il lutto è stato accompagnato da rituali e simboli che aiutano a elaborare la perdita. Oggi, le tecnologie digitali offrono nuove modalità di interazione con i defunti. Non si tratta più solo di conservare fotografie o messaggi vocali, ma di creare repliche digitali delle persone scomparse. Queste repliche possono assumere la forma di avatar, chatbot o cloni vocali, capaci di interagire in tempo reale con i vivi, rispondendo a domande, commentando ricordi e persino rielaborando insieme eventi passati.

Per realizzare queste simulazioni, è necessario raccogliere una quantità significativa di dati sulla persona defunta: messaggi vocali, e-mail, fotografie, video, post sui social media e persino ore di colloqui videoregistrati. Tutti questi materiali possono essere utilizzati per costruire un modello linguistico e comportamentale che riproduca toni, abitudini verbali e modi di pensare del defunto. Alcune aziende offrono servizi di “preparazione digitale alla morte”, invitando le persone a registrarsi in vita per essere poi simulate più fedelmente dopo la morte.

Una delle start-up americane più note in questo campo è You, Only Virtual (YOV), che offre chatbot capaci di replicare la voce e la personalità di una persona cara, accessibili tramite smartphone o auricolari. Un altro progetto significativo è Project December, sviluppato dal programmatore Jason Rohrer, che ha attirato l’attenzione per aver permesso a un uomo di parlare con un’IA che simulava la sua fidanzata scomparsa. Questi strumenti offrono un’esperienza immersiva e coinvolgente, ma sollevano anche interrogativi sulla natura della comunicazione e della memoria digitale.

Inoltre, alcune aziende stanno sviluppando piattaforme di realtà virtuale che consentono di creare spazi memoriali personalizzati, dove i vivi possono interagire con rappresentazioni digitali dei defunti. Questi ambienti permettono di trascorrere del tempo insieme ai cari scomparsi, rivivendo momenti condivisi e creando nuove esperienze emotive. Tuttavia, l’accesso a queste tecnologie è spesso limitato a chi ha le risorse economiche e tecnologiche per utilizzarle, creando possibili disuguaglianze nell’elaborazione del lutto.

L’uso della grief tech solleva numerosi interrogativi etici e psicologici. Da un lato, queste tecnologie possono offrire conforto a chi ha perso una persona cara, permettendo di mantenere viva la memoria e di continuare a interagire con essa. Dall’altro, c’è il rischio di creare illusioni che ostacolano il processo di elaborazione del lutto, impedendo di accettare la morte come parte naturale della vita.

Inoltre, la creazione di repliche digitali dei defunti solleva questioni sulla privacy e sul consenso. Chi ha il diritto di utilizzare i dati personali di una persona defunta per creare una sua replica digitale? E come garantire che queste rappresentazioni siano rispettose e fedeli alla persona che rappresentano?

Di Fantasy