C’è un’immagine che resta in testa: un robot alto meno di un metro entra in soggiorno, muove passi decisi, fa un piccolo inchino, poi si mette a ballare sulle note che arrivano dal telefono. Non è la scena di un laboratorio né un video promozionale girato a Hollywood. È la promessa, molto concreta, di Bumi, il nuovo umanoide “da casa” presentato dalla cinese Noetix Robotics e messo in prevendita a 9.998 yuan, poco più di 1.300–1.400 dollari, cioè il prezzo di uno smartphone di fascia alta. Il titolo che rimbalza dalla stampa asiatica è semplice e d’impatto: “la Cina lancia un umanoide domestico da 2 milioni di won”, e il sottotesto è ancora più forte—l’umanoide entra nella fascia del consumo di massa.
Per capire perché questa notizia non è l’ennesimo “video virale di robot”, bisogna partire dal posizionamento. Noetix non promette un maggiordomo universale; propone un compagno educativo e familiare che cammina su due gambe, mantiene l’equilibrio, imita gesti semplici e può eseguire routine coreografate. È un robot “da salotto” nel senso più letterale, pensato per scuole, famiglie, appassionati e developer che vogliono toccare con mano la robotica umanoide senza budget da laboratorio. La strategia è chiara: comprimere il prezzo sotto la soglia psicologica dei 10.000 RMB e rendere “normale” in classe o in casa un oggetto che, fino a ieri, era puramente dimostrativo.
I numeri raccontano un progetto compattissimo: circa 94 centimetri di altezza e 12 chilogrammi di peso, una scala che allontana Bumi dai colossi industriali e lo avvicina al mondo dei learning kit avanzati, dove contano sicurezza, agilità base e una meccanica leggibile per studenti e maker. Questa taglia, insieme a materiali leggeri e a un pacco batteria minimalista, spiega il taglio drastico dei costi rispetto ai concorrenti. È il cuore della tesi che diversi osservatori internazionali hanno rilanciato in questi giorni: Bumi come possibile “umanoide più economico al mondo” nella categoria bipede capace di camminare e danzare.
La domanda che sorge spontanea è: che cosa fa davvero un umanoide da 1.400 dollari? I video e le anteprime parlano di deambulazione bipedale, movimenti coordinati a tempo di musica, piccoli gesti di interazione e una gestione dell’equilibrio sufficiente per spostarsi su pavimenti domestici e palchi scolastici. Non siamo nell’ambito della manipolazione fine da cucina o da officina, e non è lì che Noetix vuole competere. L’azienda, nata a Pechino nel 2023, ha già mostrato prodotti orientati alla leggerezza e alla produttizzabilità, e con Bumi punta a far crescere un ecosistema di app didattiche, routine e contenuti formativi più che a sostituire un addetto in fabbrica.
Per leggere la portata del lancio bisogna incastrarlo nella guerra dei prezzi che la robotica cinese sta combattendo da un paio d’anni. A luglio, Unitree ha presentato l’R1 a circa 39.900 yuan—sotto i 6.000 dollari—un taglio enorme rispetto ai 16.000 del G1 del 2024. Ora Bumi spinge l’asticella giù di un altro ordine di grandezza, aprendo una fascia sub-10.000 RMB che fino a poche settimane fa sarebbe sembrata fantascienza. Il risultato è un gradiente di offerta: R1 come piattaforma economica ma ancora “pro”, Bumi come cavallo di Troia per portare il bipedismo nelle scuole e nelle case. È questo gradiente a rendere credibile un futuro in cui gli umanoidi non sono più una rarità da fiera, ma una categoria di prodotto con segmenti, target e prezzi differenziati.
L’effetto culturale, forse, è il più interessante. Se un umanoide costa come un telefono, cambia la conversazione. Invece di chiedersi se un robot riuscirà mai a fare il caffè, si comincia a ragionare su come insegnargli movimenti, routine, piccole performance, e su quali attività didattiche o creative costruirci attorno. Le scuole possono immaginare moduli di meccatronica accessibile; i club di robotica possono montare coreografie, sfide di locomozione, percorsi a ostacoli; i content creator possono usare Bumi come oggetto scenico in video e live dimostrative. La scala fisica ridotta abbatte anche la soglia di timore: un umanoide di 94 cm che balla in classe ha un impatto emotivo diverso da una macchina di 1,70 che fa parkour.
Attenzione, però, a non scambiare il prezzo per onnipotenza. La locomozione bipedale a basso costo implica compromessi su coppie agli attuatori, autonomia, precisione della caviglia e robustezza alle perturbazioni. Sono limiti che emergono quando si esce dal pavimento liscio e dalle routine previste. È presumibile che Bumi offra tempi di batteria contenuti e una manipolazione elementare, ed è giusto così: l’obiettivo non è svitare bulloni o friggere uova, ma portare in mano agli studenti i principi della dinamica, del controllo e dell’AI embodied, facendo vedere e toccare l’alfabeto della robotica. Le testate che lo hanno presentato insistono proprio su questo “family/education first”, un messaggio che tempera l’hype e, al tempo stesso, amplia il pubblico potenziale.
In controluce, Bumi diventa un indicatore macro: la Cina sta spingendo a tutta forza per creare una filiera locale di attuatori, riduttori, sensori e componenti in grado di standardizzare l’umanoide e spalmare i costi su grandi volumi. Quando il prezzo scende così in basso, significa che qualcuno ha imparato a industrializzare il pacchetto meccanica-elettronica-software con una disciplina che fino a ieri si vedeva solo nei cani robot. È un segnale che i player occidentali non possono ignorare: mentre i progetti statunitensi—Figure su tutti—sognano l’umanoide domestico “universale”, l’ecosistema cinese colonizza le fasce basse e si costruisce, un pezzo alla volta, la domanda.
Il futuro prossimo sarà scritto da tre domande. La prima riguarda il software: chi costruirà gli strumenti più intuitivi per insegnare a Bumi gesti e routine? La risposta deciderà quanto il robot sarà divertente, educativo e “programmabile” senza scrivere codice. La seconda è la sicurezza: con robot a portata di bambino, serviranno limiti chiari su forza, velocità e interazione fisica. La terza è il post-vendita: se Bumi diventa un fenomeno pop, ci vorranno community, ricambi, upgrade e un catalogo di esperienze, proprio come è accaduto per i droni consumer. Se questi tre pilastri terranno, l’umanoide a prezzo smartphone smetterà di essere una provocazione e diventerà una palestra quotidiana in cui imparare robotica come oggi si impara editing video o coding di base.
Per ora, resta l’impressione di un cambio di tono. Nel giro di pochi mesi, il listino degli umanoidi è passato dai tens of thousands a cifre da elettronica di consumo; e la soglia simbolica dei 9.998 RMB dice che l’idea di un robot che cammina nel corridoio di casa non è più un paradosso. È una scelta di design e di mercato. E, come sempre quando la tecnologia cambia di scala, è la cultura—didattica, creativa, sociale—a cambiare insieme a lei.