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L’irruzione dell’intelligenza artificiale nel settore della produzione e localizzazione dei contenuti sta generando una serie di frizioni etiche e professionali, e il caso che ha coinvolto Amazon Prime Video e il mondo dell’animazione giapponese ne è una vivida dimostrazione. La piattaforma di streaming del gigante di Seattle si è trovata costretta a compiere un passo indietro significativo, rimuovendo le tracce audio di doppiaggio di alcuni anime dopo che è stato scoperto e denunciato che erano state generate interamente con sistemi di sintesi vocale AI, aggirando di fatto il coinvolgimento degli attori e direttori del doppiaggio professionisti.

Il cuore della polemica risiede nella sostituzione dell’arte e della competenza umana con l’efficienza algoritmica. Il doppiaggio, specialmente in Italia, non è una mera traduzione vocale, ma un’arte performativa che richiede interpretazione, enfasi emotiva e sincronia labiale, elementi che plasmano in modo cruciale l’esperienza dello spettatore. Quando è emerso che Amazon aveva utilizzato l’AI per creare le voci in lingue come l’italiano per alcune serie anime, la reazione della comunità professionale è stata immediata e veemente. Le critiche non si sono limitate alla pur evidente qualità inferiore del prodotto finale, spesso percepito come piatto, monocorde o innaturalmente ritmico, ma hanno investito la sfera etica. L’uso dell’AI è stato interpretato come un tentativo di svalutare e precarizzare una professione artistica, mirando a ridurre drasticamente i costi operativi a scapito della qualità e della tutela del lavoro intellettuale.

Di fronte a un backlash che ha coinvolto non solo gli addetti ai lavori ma anche parte del pubblico, tradizionalmente molto legato alla qualità delle voci del doppiaggio italiano, Amazon ha scelto la via del ritiro. La rimozione delle tracce incriminate da Prime Video rappresenta una chiara ammissione del fallimento di questa sperimentazione e un segnale forte: sebbene l’AI possa offrire soluzioni rapide ed economiche per la creazione di contenuti di massa, in settori ad alta intensità emotiva e artistica come l’animazione, il fattore umano rimane insostituibile. La decisione di Amazon testimonia che la pressione del mercato e il valore che il pubblico attribuisce alla performance attoriale autentica possono ancora prevalere sulle logiche di mero risparmio dettate dalla tecnologia generativa.

Questo episodio si inserisce in un dibattito globale più ampio che vede l’industria dei contenuti audiovisivi in piena crisi identitaria, combattuta tra l’adozione dell’AI come strumento di produzione e la necessità di difendere i diritti di proprietà intellettuale e il lavoro creativo tradizionale. Il caso dei doppiaggi anime svela come l’applicazione diretta e non mediata dell’AI in ruoli interpretativi critici produca risultati inaccettabili sia per la qualità del prodotto finale sia per le implicazioni occupazionali. Esso serve da monito per tutte le piattaforme di streaming e le case di produzione che contemplano l’uso di voci sintetiche: l’efficienza non può superare il valore artistico. La voce umana, con la sua inimitabile capacità di trasmettere sfumature e profondità emotive, si conferma un elemento di pregio insostituibile, vincolando l’innovazione tecnologica a un necessario bilanciamento tra innovazione e rispetto per la professionalità artistica.

Di Fantasy