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In una recente intervista il co-fondatore di OpenAI, Andrej Karpathy, ha condiviso una posizione che può sorprendervi: nonostante l’enorme entusiasmo attorno all’intelligenza artificiale e i progressi evidenti dei sistemi generativi, lui ritiene che la tanto attesa soglia della cosiddetta “intelligenza artificiale generale” (AGI) sia ancora a una distanza di almeno un decennio.

Karpathy parte da un punto di osservazione concreto: sì, gli agenti IA come quelli recenti — modelli linguistici avanzati, sistemi che risolvono compiti specifici in modo sorprendente — «fanno cose impressionanti». Ma, aggiunge, quel tipo di “fare cose impressionanti” è ancora ben distinto da ciò che definiamo AGI: ovvero un sistema capace di apprendere continuamente, adattarsi in contesti molto diversi, migliorare autonomamente le proprie prestazioni e costruire sulla base di esperienze multiple nel corso del tempo. E su questo fronte, sottolinea, il collo di bottiglia resta cruciale.

Tra le barriere da superare, Karpathy indica in primo luogo l’apprendimento continuo — vale a dire la capacità di un sistema IA di accumulare conoscenza in modo duraturo, trasferirla da un dominio all’altro, migliorare progressivamente, senza che ogni volta debba essere “riaddestrato da zero” o riavviato. Finché non si risolve questa lacuna, la distanza tra i volantini attuali dell’IA e la autentica AGI resta ampia.

In secondo luogo, Karpathy mette in rilievo il vincolo cognitivo: la differenza non è solo quantitativa — più potenza, più dati — ma anche qualitativa. Si tratta di concepire architetture e metodi che permettano una vera generalizzazione, che superino il paradigma “modello grande = meglio” e che mostrino effettiva flessibilità, adattabilità e consapevolezza contestuale. Questo significa che, secondo lui, la semplice scalata dei modelli attuali non porterà da sola all’AGI.

Occorre considerare, inoltre, il fattore hype. Karpathy confessa di essere stato egli stesso “ingannato” in passato dall’idea che l’anno 2025 sarebbe stato quello decisivo per l’arrivo degli agenti IA di nuova generazione, capaci di “autonomia” e di evoluzione rapida. Ma oggi ritiene che quella previsione fosse prematura. Invece di un salto immediato, prevede un decennio in cui gli agenti e le soluzioni si affineranno, integrandosi nella nostra vita, ma ancora lontani dai sistemi che davvero possiamo chiamare “generali”.

Questo punto di vista pone un’interessante contrapposizione rispetto ad altre voci influenti del settore che stimano un orizzonte più breve per l’AGI. Karpathy, invece, invita alla cautela: nell’eccitazione per le “marche della IA”, vale la pena distinguere tra ciò che oggi appare rivoluzionario e ciò che davvero consente una intelligenza che possa competere, pari pari, con l’intelletto umano in contesti ampi e vari.

Un risultato di questa riflessione è che forse oggi stiamo vivendo “il decennio degli agenti”, come Karpathy li descrive — cioè un’epoca nella quale gli strumenti di IA diventeranno sempre più sofisticati e utili, opereranno in molteplici dominii, ma non ancora in grado di superare il salto verso una generalità piena.

La sua visione ha implicazioni sia per chi lavora nel campo della ricerca IA sia per chi segue il tema come osservatore esterno. Per la comunità tecnica significa che forse è il momento di ridurre l’attenzione esclusiva sul “quando arriverà l’AGI” e aumentare quella sul “come migliorare i fondamenti”: apprendimento continuo, trasferimento di conoscenza, efficienza dei modelli, flessibilità cognitiva. Per il pubblico significa un invito a calibrare le aspettative: sì, l’IA sta facendo progressi, ma la trasformazione completa e radicale che molti immaginano potrebbe richiedere più tempo di quanto si pensi.

La posizione di Karpathy funziona come un richiamo alla sobrietà. L’orizzonte dell’AGI, almeno per lui, non è dietro l’angolo: serve pazienza, lavoro profondo, innovazione sistemica. E nel frattempo possiamo aspettarci che l’IA continui a fiorire in modalità più specializzate, integrate, utili — senza che questo significhi necessariamente che stiamo già attraversando il “momento AGI”.

Di Fantasy