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Nel mondo in rapido fermento dell’intelligenza artificiale conversazionale, l’annuncio di Anthrop­ic riguardo alla funzione di memoria del suo chatbot Claude segna una tappa importante. Fino a oggi Claude era spesso visto come un modello forte ma meno fluido nel “continuare” conversazioni da un giorno all’altro; con questo aggiornamento l’azienda mira a trasformarlo in una piattaforma in grado di ricordare, adattarsi e rispondere in modo più coerente e personalizzato.

Anthropic ha fatto sapere che la nuova funzione di memoria consente agli utenti paganti di attivare lo “spazio memoria”, ovvero permettere al sistema di conservare dettagli di conversazioni passate (settimane o addirittura mesi) e di integrarli nei dialoghi futuri. Secondo quanto riportato, gli abbonati “Team” e “Enterprise” hanno già avuto accesso alla funzionalità a partire da settembre, mentre gli utenti “Max” possono attivarla immediatamente e quelli “Pro” la riceveranno nei prossimi giorni.

Un aspetto rilevante è il forte accento posto sulla trasparenza e sul controllo da parte dell’utente: Claude permette di visualizzare quali “ricordi” dispone, di attivarli o disattivarli singolarmente, di modificare ciò che viene conservato e persino di suddividere i ricordi in “spazi” separati, utili quando si voglia distinguere la memoria relativa al lavoro da quella personale. Questo rappresenta un cambiamento importante nella concezione dell’assistente: non più solo un generatore di risposte, ma un “collaboratore” più continuo, capace di costruire nel tempo una vera relazione con l’utente.

In termini di posizionamento rispetto ai competitor, l’aggiornamento pone Claude in una nuova luce. I suoi rivali principali, ChatGPT di OpenAI e Gemini di Google, già vantavano funzioni analoghe di memoria e continuità conversationale. Con Cla­ude che acquisisce le stesse capacità, l’offerta di Anthrop­ic guadagna competitività.

Dal punto di vista dell’utente, questo aggiornamento apre scenari concreti: poter riprendere un progetto iniziato giorni fa senza dover ricostruire da zero il contesto, avere un assistente che sa “chi è l’utente”, di cosa sta parlando, quali sono le sue preferenze, e che quindi può suggerire in modo più mirato. L’idea che la memoria non sia solo un accumulo generico di dati, ma un “ponte” tra sessioni multiple, rappresenta un salto qualitativo.

Di Fantasy