Nel vasto mondo della generazione testuale automatica, i grandi modelli linguistici (LLM) come ChatGPT hanno dimostrato una straordinaria abilità nel produrre contenuti coerenti e persuasivi. Tuttavia, l’interazione con queste intelligenze artificiali non è priva di piccole, ma significative, frustrazioni stilistiche. Una delle lamentele più frequenti, specialmente da parte di scrittori, editor e professionisti che necessitano di un tono formale o giornalistico specifico, riguarda la tendenza di ChatGPT a un uso eccessivo e talvolta melodrammatico del trattino lungo, noto in inglese come em-dash (—).
Il trattino lungo è, di per sé, un segno di punteggiatura perfettamente valido e potente, utilizzato per enfasi, per introdurre una clausola parentetica o per segnalare un cambio brusco di pensiero. Il problema nasce quando ChatGPT, probabilmente a causa della sua massiccia esposizione a dataset di addestramento che abbondano in questo tipo di enfasi, lo impiega con una frequenza che non si allinea con le convenzioni editoriali più sobrie o tecniche. Il risultato è un testo che può sembrare esageratamente enfatico, meno formale del desiderato o semplicemente non conforme allo stile comunicativo predefinito dell’azienda. Fino a poco tempo fa, molti utenti ritenevano che questo fosse un tic stilistico intrinseco e ineluttabile del modello.
Ciò che la ricerca ha chiarito è che la frustrazione del trattino lungo è del tutto superabile, e la soluzione è elegante quanto semplice: la personalizzazione del prompt. Nonostante la complessità algoritmica di ChatGPT, la sua adesione alla punteggiatura indesiderata non è un difetto permanente, ma una default stilistica che può essere aggirata con successo attraverso istruzioni chiare e mirate fornite dall’utente.
La chiave è la steerability del modello, ovvero la sua capacità di essere guidato con precisione. Agli utenti non è più sufficiente chiedere “Scrivi un articolo formale”; è necessario istruire il modello su come deve formare le sue frasi, specificando la punteggiatura da evitare e, idealmente, quali alternative usare al suo posto. Una richiesta secca e chiara, come: “Non utilizzare trattini lunghi (—) in nessuna circostanza. Per le pause e le interruzioni, usa solo due punti (:) o la virgola (,)”, si è dimostrata estremamente efficace nel disciplinare l’output.
Per gli utenti che desiderano applicare questa restrizione stilistica a ogni singola interazione con ChatGPT, la soluzione definitiva risiede nelle Istruzioni Personalizzate (oggi integrate nelle impostazioni del modello). Inserendo la preferenza anti-em-dash in questa sezione, si crea di fatto una memoria editoriale che il modello applicherà automaticamente a tutti i futuri prompt, liberando l’utente dalla necessità di ripetere l’istruzione ogni singola volta. Questo trasforma il modello da un generatore stilisticamente capriccioso a un assistente di scrittura che aderisce scrupolosamente alle linee guida di stile dell’utente.
Questo caso apparentemente minore, centrato su un singolo segno di punteggiatura, offre in realtà una lezione fondamentale sulla natura dell’AI generativa. Esso evidenzia che il “fallimento” stilistico del modello non è una incapacità, ma l’espressione di una default appresa dal dataset. La flessibilità di ChatGPT nell’adottare una punteggiatura più controllata, su richiesta, dimostra il potere che l’essere umano detiene nel fine-tuning dell’output. La qualità finale del testo generato, dunque, non dipende solo dalla potenza del modello, ma dalla precisione e chiarezza con cui l’utente riesce a comunicare le proprie preferenze stilistiche e le proprie rigide regole editoriali.
