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Il 66° International Mathematical Olympiad, ospitato quest’anno in Australia, è stato testimone di un evento storico: per la prima volta un’intelligenza artificiale ha conquistato la medaglia d’oro. Gemini, nella sua versione potenziata da DeepMind, ha risolto cinque dei sei problemi proposti, totalizzando un punteggio di 35 su 42.

Un risultato straordinario, che ha superato il rendimento dell’89% dei partecipanti umani e che ha sollevato un’ondata di domande sull’effettiva valenza della competizione per valutare il talento umano.

Il progetto Gemini, sviluppato internamente da Google con l’obiettivo di affiancare ricercatori e ingegneri nella risoluzione di problemi complessi, ha dimostrato non solo di padroneggiare tecniche di calcolo avanzate, ma anche di saper presentare soluzioni strutturate in forma rigorosa, come richiede la giuria IMO.

Le spiegazioni, generate passo dopo passo, sono state valutate dai commissari alla stregua di quelle di un campione umano, evidenziando come i modelli di linguaggio possano ormai cimentarsi con ragionamenti astratti di alto livello.

Questa impresa segna un punto di svolta: se un AI può competere alla pari con i migliori studenti del mondo, che ruolo avranno in futuro le gare accademiche tradizionali? Google sostiene che Gemini non mira a sostituire l’apprendimento umano, ma anzi a fungere da strumento didattico, suggerendo approcci alternativi e facilitando la comprensione di dimostrazioni complesse.

Nel frattempo, la comunità scientifica si interroga sugli scenari etici: fino a che punto un sistema automatizzato potrà spingere avanti le frontiere del sapere senza perdere di vista l’esperienza e la creatività tipicamente umane?

Di Fantasy