Immagine AI

Immagina di guardarti allo specchio e di vedere una versione alternativa di te stesso: forse un po’ più in carne, o magari più asciutto, ma con lo stesso volto, gli stessi abiti, lo stesso contesto. Questo non è un esperimento di magia, né una trovata artistica: è reso possibile da un nuovo sistema di intelligenza artificiale.

Il cuore di questa tecnologia risiede nella sua capacità di alterare realisticamente il corpo delle persone in foto, aggiungendo o sottraendo grasso e muscoli, senza modificare l’identità, l’abbigliamento o lo sfondo. Come è possibile? Il segreto è un dataset completamente sintetico in cui ogni identità è rappresentata in molteplici varianti corporee: una stessa persona, vista più snella, più muscolosa o più in carne. Grazie a queste “coppie” di immagini, l’AI può apprendere trasformazioni corporee credibili senza incorrere nel problema dell’alterazione dell’identità.

Questo non è solo un esercizio di estetica digitale. Il sistema offre un potenziale reale e significativo — specialmente per chi soffre di disturbi dell’immagine corporea. Pensiamo a chi è affetto da anoressia o da dismorfofobia: spesso queste persone vedono il proprio corpo distorto, percependo forme che non corrispondono alla realtà. Grazie a strumenti che mostrano visualmente “prima e dopo plausibili”, è possibile avvicinarsi a una percezione più obiettiva di sé, offrendo ai clinici un nuovo metro di misura per valutare risposte dismorfiche o semplicemente un mezzo per aiutare il paziente a confrontarsi con immagini realistiche di sé stesso.

Ma i benefici non si fermano alla sfera clinica. Nel settore della moda e del retail digitale, i cosiddetti “try‑on” virtuali stanno diventando sempre più sofisticati. Avere un modello AI capace di rappresentare figure con forme diverse — anche quelle meno convenzionali — significa garantire incastri più realistici e rappresentativi delle diversità corporee, abbattendo i bias presenti nei modelli standard che spesso privilegiano forme “attraenti” o comuni.

Uno degli ostacoli principali per trasformazioni così realistiche — senza alterare il volto, il background o i vestiti — è l’esigenza di disporre di immagini “prima” e “dopo” dello stesso soggetto, scattate a breve distanza temporale. Nella realtà, questo è quasi impossibile: una persona cambia fisico in settimane o mesi, non in pochi istanti. La soluzione? Il dataset sintetico, generato artificialmente, che simula queste transizioni. Le tecniche come GAN, SMPL/X o il warping tradizionale spesso falliscono in contesti reali, perché alterano involontariamente sfondo, identità e altri dettagli. Solo grazie a dataset sintetici ben costruiti e adatti a trasformazioni precise, l’AI può imparare a modificare solo ciò che serve, preservando il resto dell’immagine.

Naturalmente, strumenti così potenti portano con sé responsabilità. Modificare realisticamente l’aspetto di una persona, anche solo per aggiungere o sottrarre grasso, può sollevare questioni etiche: problemi legati alla percezione del sé, al body shaming, alla fruizione manipolata di immagini. Sebbene l’articolo non entri in questi dettagli, è importante tenerli a mente, soprattutto considerando che alterazioni visive possono influenzare il modo in cui vediamo noi stessi e gli altri. Per questo, applicazioni cliniche, educative o di moda dovrebbero essere affiancate da linee guida chiare e da una comunicazione trasparente sull’origine delle immagini.

Insomma, il generare «grasso» artificialmente non è una stravaganza da laboratorio, ma un ponte verso una migliore comprensione. Sia per chi lotta contro immagine distorta del corpo sia per chi vuole vivere esperienze virtuali più inclusive nei negozi online, questa AI rappresenta un passo avanti. Non è solo questione di pixel, ma di empatia, conoscenza, rappresentazione. Il vero vantaggio — e forse lo scopo più profondo — è usare la tecnologia non per distorcere la realtà, ma per mostrarla sotto nuove luci.

Di Fantasy