Negli Stati Uniti, l’innovazione tecnologica non nasce soltanto nei laboratori delle grandi aziende o nei campus universitari più blasonati. A volte prende forma in un garage, tra una stampante 3D, componenti elettronici economici e notti passate a risolvere problemi apparentemente insormontabili. È il caso del progetto sviluppato da tre studenti quindicenni, Akil Nagori, Evan Sun e Lucas Shengwen Yan, che hanno realizzato un paio di occhiali con intelligenza artificiale in grado di convertire il testo scritto in parlato, pensati in particolare per studenti ipovedenti.
Il loro lavoro si è distinto fino a entrare tra i primi cinque progetti alla Thermo Fisher Scientific Junior Innovators Challenge, considerata la competizione di ricerca STEM più prestigiosa per studenti delle scuole medie statunitensi. Un risultato tutt’altro che scontato, se si considera che alla sfida possono accedere solo duemila team selezionati dalle migliori competizioni regionali e che appena trecento riescono a superare le rigorose fasi preliminari per arrivare alla finale. Per il loro progetto, i tre ragazzi hanno ottenuto un premio complessivo di 20.000 dollari, metà dei quali assegnati direttamente alla squadra.
L’idea alla base degli occhiali nasce da un’esperienza personale. Nagori ha raccontato di aver visto un proprio parente in difficoltà nel leggere il Braille sul posto di lavoro, una situazione che gli ha fatto comprendere quanto l’accesso ai materiali di studio possa diventare un ostacolo concreto per chi ha problemi di vista. Da qui è maturata una convinzione semplice ma potente: tutti gli studenti, indipendentemente dalle loro capacità visive, dovrebbero avere le stesse opportunità di apprendimento. L’obiettivo non era creare un gadget futuristico, ma uno strumento pratico per leggere libri di testo e materiali didattici in modo autonomo.
Trasformare questa idea in un dispositivo funzionante ha richiesto di affrontare tre sfide principali: la progettazione hardware, lo sviluppo software e la raccolta dei dati necessari ad addestrare l’intelligenza artificiale. La montatura degli occhiali è stata progettata con un software CAD e poi stampata in 3D, mentre all’interno sono stati integrati una fotocamera, una batteria, un piccolo altoparlante e una scheda Raspberry Pi, scelta per le sue dimensioni ridotte e il costo contenuto. Grazie a componenti facilmente reperibili e a una progettazione attenta, il costo totale di produzione si è fermato intorno ai 100 dollari, una cifra sorprendentemente bassa per un dispositivo di questo tipo.
Dal punto di vista software, il team ha personalizzato una rete neurale ricorrente convoluzionale, addestrandola con un set di circa 800 immagini tratte da libri di testo e materiali didattici. Per rendere il sistema più robusto, le immagini sono state scattate in ambienti diversi, come aule scolastiche, condizioni di scarsa illuminazione e spazi esterni. Il funzionamento degli occhiali è relativamente semplice nella sua logica, ma sofisticato nell’esecuzione: la fotocamera cattura l’immagine del testo, il sistema di intelligenza artificiale lo riconosce, lo converte in audio e lo trasmette in tempo reale all’altoparlante sotto forma di sintesi vocale.
Dopo cinque mesi di lavoro intenso, spesso portato avanti di notte, il prototipo finale mostra inevitabilmente i segni di una realizzazione artigianale. Il design è ingombrante e alcuni componenti restano visibili, lontani dall’estetica minimale dei prodotti delle grandi aziende tecnologiche. Nonostante questo, le prestazioni sono tutt’altro che trascurabili: l’accuratezza della sintesi vocale raggiunge il 92%, mentre il tempo medio di caricamento si aggira intorno ai 13 secondi, un aspetto che il team considera ancora critico ma migliorabile.
Il percorso che li ha portati alla competizione nazionale non è stato lineare. Secondo quanto riportato anche da Business Insider, il progetto inizialmente non era stato nemmeno selezionato per la fase regionale. Solo grazie al riconoscimento del valore dell’idea da parte dei giudici preliminari, i tre studenti hanno ottenuto un posto in finale, dove hanno poi conquistato il secondo premio tra le quattro squadre finaliste e un riconoscimento speciale per l’inventiva. Anche il viaggio verso l’evento principale a Washington D.C. è stato costellato di imprevisti, come la rottura di una parte saldata degli occhiali poche ore prima della presentazione, che li ha costretti a cercare in fretta un saldatore per riparare il dispositivo.
Per i ragazzi, però, queste difficoltà si sono trasformate in una lezione di resilienza. Come ha raccontato Sun, l’esperienza ha insegnato loro che non ottenere subito il risultato sperato non significa fallire, ma può diventare un’occasione per rialzarsi e fare meglio. Un approccio che riflette bene lo spirito della competizione, nata proprio per coltivare i futuri scienziati e ingegneri del paese.
Sebbene il progetto sia ancora in fase di prototipo, il team guarda già avanti. Grazie a un finanziamento aggiuntivo di 5.000 dollari, i tre studenti stanno ampliando la produzione degli occhiali e utilizzando il premio in denaro per realizzare nuove unità da distribuire a studenti con disabilità visive in tutta la California. Attualmente stanno costruendo circa 30 prototipi nel loro garage, sfruttando una grande stampante 3D e affinando progressivamente il design. L’obiettivo dichiarato è rendere il dispositivo utilizzabile per l’intera giornata, migliorando la durata della batteria e risolvendo i limiti tecnici emersi nelle prime versioni.
Questa storia si inserisce in un contesto più ampio, in cui l’imprenditorialità tecnologica negli Stati Uniti coinvolge sempre più spesso anche studenti delle scuole medie e superiori. Mentre nella Silicon Valley le startup di dispositivi indossabili basati sull’intelligenza artificiale attirano investimenti da miliardi di dollari, esperienze come quella di Nagori, Sun e Yan dimostrano che l’innovazione può nascere anche con risorse minime, guidata da un’esigenza concreta e da una forte motivazione sociale. In questo senso, i loro occhiali non sono soltanto un progetto scolastico di successo, ma un esempio di come la tecnologia, quando è pensata per essere accessibile, possa davvero ampliare le opportunità educative e migliorare la vita delle persone.

