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Scienziati dell’INGV insieme a ricercatori internazionali hanno annunciato un risultato che fino a pochi anni fa pareva quasi fantascienza: la ricostruzione tridimensionale dell’interno di un vulcano appena nato, grazie a una combinazione di tecnologie geofisiche e intelligenza artificiale. È la più profonda finestra finora aperta all’interno di un vulcano monogenetico nei suoi primi momenti di vita, e il progetto illumina un percorso affascinante che unisce Terra, dati e algoritmi.

L’occasione è nata su La Palma, nelle Isole Canarie. Nel 2021 ebbe inizio una lunga eruzione che durò 85 giorni, generando il cono del vulcano Tajogaite. Era una “creazione” vulcanica in atto: un luogo che sorgeva sotto i nostri occhi, evolveva e cresceva. Gli scienziati sapevano che questa crisi rappresentava un’occasione rara: vedere non soltanto il vulcano attivo, ma sentire — letteralmente — la sua struttura interna nascente.

Ma come “guardare” dentro un fenomeno così dinamico e pericoloso? L’approccio scelto è quello della tomografia sismica, una tecnica che utilizza i terremoti (anche minimi) come sorgenti di onde che attraversano la roccia, si rifrangono, rallentano o accelerano in base alla densità, alla presenza di fluidi, al grado di fratturazione. Nell’intervallo dei primi 1.500 metri sotto il cono, una rete di 17 stazioni sismiche temporanee ha registrato migliaia di microsismi generati dai processi interni — contrazioni, rilascio di gas, movimento interno — e questi dati sono stati elaborati per costruire modelli tridimensionali di velocità e proprietà delle rocce.

Qui entra in gioco l’intelligenza artificiale: gli algoritmi non sono stati utilizzati come mera formalità, ma come strumento critico per distinguere le onde utili dagli “scarti”, per filtrare rumori e isolare segnali sottili. In particolare, i ricercatori affermano che l’IA ha permesso di selezionare automaticamente le onde sismiche pertinenti tra oltre 17.000 eventi misurati, accelerando il processo di interpretazione.

I risultati sono rivelatori. Nelle zone più superficiali del cono, il rapporto tra le velocità delle onde (Vp e Vs) mostra valori relativamente bassi, indice di rocce porose sature di gas o vapore: una struttura permeabile, dove il degassamento avviene liberamente. Più in profondità, invece, le differenze favoriscono fluidi liquidi, suggerendo un condotto magmatico ben definito che collega profondità e superficie. Questo scenario conferma una stratificazione interna: in basso, fluidi ancora “chiusi”; in alto, zone permeabili che lasciano sfuggire gas.

Ma non finisce qui. Grazie a queste analisi è stato possibile individuare la frattura attraverso cui magma e gas hanno risalito durante l’eruzione, definendo un percorso interno che coniuga la zona eruttiva visibile con le profondità meno esplorate. È la prima volta che un vulcano monogenetico — cioè uno che nasce, erutta una volta e poi resta — viene studiato “da dentro” con tale dettaglio.

Naturalmente, rimane molta cautela. L’interpretazione dei dati sismici è sempre soggetta a limiti: il modello IA può aiutare, ma non sostituisce il giudizio dei vulcanologi esperti. L’idea che l’intelligenza artificiale possa “vedere” il magma non significa che non serva contestualizzazione, confronto con modelli geologici, verifiche sperimentali. Un modello è tanto buono quanto i dati con cui è stato addestrato, e i segnali geofisici sono spesso ambigui.

Questo tipo di studio ha implicazioni importanti non solo per la vulcanologia accademica, ma per la previsione dei rischi in zone abitate. I vulcani “neonati” non sono fenomeni marginali: molte aree del pianeta, specie quelle vulcanicamente attive, possono assistere a eventi simili. Conoscere la struttura interna in evoluzione, capire dove e come si formano passaggi di gas e magma, può migliorare la capacità di monitoraggio e allerta.

Di Fantasy