Nel mercato del lavoro odierno, non sono più soltanto le competenze e le referenze a determinare il successo di un candidato, bensì l’efficacia con cui il suo curriculum viene interpretato da sistemi automatizzati. I moderni Applicant Tracking System (ATS), basati su algoritmi di intelligenza artificiale, rappresentano la prima linea di selezione: un filtro implacabile che elimina in pochi istanti tutti i CV privi delle “parole chiave” e della formattazione richiesta, indipendentemente dal reale valore professionale dei candidati. È questo sistema di scrematura iniziale che riduce drasticamente il gruppo di aspiranti a pochi fortunati, convocati poi dai recruiter umani per un colloquio conoscitivo.

L’adozione dell’intelligenza artificiale nei processi HR porta con sé vantaggi evidenti in termini di rapidità e risparmio di tempo: anziché esaminare manualmente centinaia di CV, l’ATS è in grado di estrarre automaticamente dati anagrafici, esperienze professionali e competenze, incrociandoli con i requisiti indicati dall’azienda. Tuttavia, questa automazione non è esente da criticità: errori di estrazione possono finire per scartare profili validi, mentre l’incapacità di valutare soft skill e attitudini comportamentali rischia di generare forme di discriminazione, per età, genere o provenienza geografica.

Per emergere all’interno di questo contesto, la prima regola è adottare un “personal branding” coerente e identificabile: non si tratta di un vezzo da influencer, ma di un modo per “proferire” concretamente le proprie competenze, come suggerisce l’etimologia stessa di “professionista”. Un curriculum strategico deve quindi parlare il linguaggio dell’algoritmo, rispecchiando le esatte keyword dell’annuncio di lavoro e offrendo un layout pulito, leggibile sia dalle macchine che dall’occhio umano in pochi secondi. La semplicità fa da sovrana: titoli espliciti, font chiari e un documento in PDF garantiscono la compatibilità con la maggior parte degli ATS, evitando elementi grafici che potrebbero confondere i parser testuali.

Approfondendo la stesura del CV, l’elemento cruciale è il perfetto allineamento tra domanda e offerta. Dopo aver analizzato con attenzione il linguaggio e le competenze richieste, occorre declinare le proprie esperienze – formali e non – attraverso le stesse parole chiave usate dall’azienda. In questo modo, il sistema AI “leggerà” un curriculum che risponde esattamente ai suoi criteri di ricerca, garantendo la promozione del profilo alle fasi successive. È un gioco di specchi tra ciò che l’azienda cerca e ciò che si è in grado di offrire: un rituale quasi sartoriale, dove un termine in più o in meno può fare la differenza.

Superato l’ostacolo algoritmico, il colloquio di lavoro rimane però un banco di prova imprescindibile. Anche in questo frangente, la preparazione è strategica: riprendere l’annuncio originale per coglierne sfumature e priorità, simulare domande e risposte sulle aspettative economiche e professionali, e soprattutto lavorare sulla propria autenticità per evitare i meccanismi d’“autosabotaggio”. Come ricorda Campus, infatti, ogni colloquio è un “match” tra bisogni reciproci, e il rifiuto non va vissuto come un giudizio sul valore personale, ma come un’increspatura nel percorso professionale.

Infine, un ultimo, insidioso ostacolo si nasconde negli annunci “fuffa”: offerte pubblicate non per cercare candidati, ma come strumento di marketing, volte a far parlare di sé o a migliorare la visibilità aziendale. Segnali di allarme sono la riproposizione continua dello stesso annuncio, la vaghezza nella descrizione del ruolo, l’assenza di dettagli sull’inquadramento contrattuale o sulla retribuzione. Un rapido controllo del sito aziendale e delle sue referenze storiche può aiutare a distinguere le opportunità reali dalle semplici operazioni di “brand positioning”.

Di Fantasy