Una tendenza che fino a poco tempo fa sembrava più una possibile evoluzione che una realtà concreta sta guadagnando terreno: trasformare le schede grafiche — risorse costose e potenti — in entità condivisibili, frazionabili, capaci di servire più utenti contemporaneamente: l’ascesa delle GPU multi-istanza (MIG, Multi-Instance GPU), che stanno diventando il pilastro dell’offerta GPU-as-a-Service (GPUaaS).

Per capire il salto paradigmatico che le MIG rappresentano, bisogna ripensare il modo tradizionale di erogare potenza grafica a chi costruisce modelli d’IA. Fino a oggi, quando un’azienda voleva usare GPU per addestrare reti neurali, doveva spesso prenotare l’intera scheda GPU — indipendentemente da quanta capacità effettivamente necessitasse. Questo conduceva a una sovradimensione: molta parte della potenza restava inutilizzata, semplicemente perché non c’erano altri utenti che potessero sfruttarla. Le risorse rimanenti restavano dormienti, e i costi complessivi per chi le noleggiava erano elevati.

Le GPU multi-istanza cambiano questo scenario radicalmente. Con MIG, una singola GPU può essere spezzata in “istanze” isolate, ognuna con una porzione della memoria, dei core, delle capacità computazionali, e con una garanzia di isolamento dalle altre. È come se una grande sala conferenze venisse divisa in piccoli uffici insonorizzati: ogni utente può lavorare nella propria “stanza” senza interferire con gli altri. In questo modo, un unico hardware ad alte prestazioni può sostenere più carichi di lavoro distinti, migliorando l’efficienza e abbassando la barriera economica per chi prima non poteva permettersi l’intera GPU.

Nel contesto del GPU-as-a-Service — ovvero l’idea di offrire potenza grafica come un servizio on demand — le MIG emergono come il motore che lo rende davvero praticabile su scala. Nomi come NeevCloud e NxtGen, provider cloud in India, hanno già testimoniato come l’adozione delle MIG abbia trasformato la struttura dei prezzi, l’occupazione delle GPU e l’accessibilità per startup, ricercatori e imprese. Grazie alla suddivisione delle risorse, diventa possibile presentare offerte più granulari e flessibili: chi non ha bisogno di molta potenza, può usare un’istanza piccola; chi sviluppa modelli pesanti, può investire su istanze più grandi. Il risultato è un uso più razionale delle GPU, con meno sprechi e costi calati per chi consuma risorse leggere.

Le implicazioni non si fermano all’economia delle risorse. Il fatto che le MIG garantiscano isolamento è cruciale dal punto di vista della sicurezza e della stabilità: quando più utenti condividono lo stesso hardware, è fondamentale che un carico pesante, una fuga di memoria o un errore non impattino gli altri utenti. Le MIG affrontano proprio questo: ogni porzione della GPU è isolata, riducendo il rischio che un uso maldestro comprometta l’intera scheda o gli altri utenti. In un ambiente multiutente, ciò è una condizione imprescindibile per la condivisione delle risorse in modo affidabile.

Naturalmente, l’introduzione delle MIG richiede un ecosistema che le supporti: il software di orchestrazione, i sistemi di scheduling, i layer di virtualizzazione devono essere aggiornati o ripensati per sfruttare queste “fette” di GPU. Non basta che l’hardware lo permetta: è necessario che la piattaforma cloud sappia assegnare, bilanciare, isolare e monitorare queste istanze con precisione. È un lavoro che richiede integrazione tra hardware, firmware, driver, stack software e gestione operativa.

Pensando in prospettiva, questo paradigma potrebbe democratizzare l’accesso al calcolo per l’intelligenza artificiale. Attualmente, molti modelli, piattaforme e team hanno bisogno di GPU potenti, ma si scontrano con costi proibitivi: l’idea di “spezzare” le GPU in modo elastico rende credibile un futuro in cui anche ricercatori più piccoli o startup emergenti possono accedere a potenza grafica adeguata senza dover investire in infrastrutture immense.

Tuttavia, non è un cammino privo di sfide. La frammentazione delle risorse introduce complessità nella gestione del carico, nella coerenza delle prestazioni e nelle interferenze tra istanze vicine. Occorre che la latenza, la variabilità e la contesa di risorse siano ridotte al minimo, per evitare che usare un’istanza “piccola” diventi un’esperienza penalizzante rispetto a usare una GPU intera. C’è anche la questione della granularità: qual è la dimensione minima di istanza che rimane efficiente? Se si frammenta troppo, l’overhead potrebbe assorbire i guadagni.

Nel mondo dell’IA, dove ogni flusso di calcolo pesa e ogni GPU costa, poter “spezzare” risorse e condividerle con garanzia è una prospettiva rivoluzionaria: non più GPU monoliti, ma tessere condivisibili, con potenzialità diverse.

Di Fantasy