In un momento in cui le aziende guardano all’intelligenza artificiale come a una leva strategica nei processi di marketing, emerge un paradosso sorprendente: molti dirigenti marketing credono fermamente nel potenziale trasformativo della cosiddetta “IA agente” (agentic AI), ma al tempo stesso faticano a farne emergere un impatto reale e misurabile. Un recente rapporto del Capgemini Research Institute – intitolato “From complexity to clarity: How CMOs can reclaim marketing to build competitive edge” – analizza la realtà dei Chief Marketing Officer (CMO) e dei leader marketing in oltre 15 paesi, ciascuna impresa con ricavi superiori al miliardo di dollari, rivelando un divario evidente tra aspettative e risultati.
Da un lato, la diffusione dell’IA generativa e degli agenti intelligenti nel marketing appare sostanziale: il rapporto segnala che circa sette aziende su dieci (quasi il 70 %) impiegano soluzioni di IA generativa nel marketing, e che una percentuale equivalente di leader crede che l’IA agente possa essere applicata a diversi casi d’uso marketing.
Eppure, dall’altro lato, solo una minima parte dei marketing leader esprime convinzione che l’IA abbia effettivamente migliorato l’efficacia del marketing. In particolare, emerge che soltanto il 7 % degli intervistati “fortemente concorda” con l’affermazione che l’IA abbia aumentato l’efficacia del marketing nella propria organizzazione. Allo stesso modo, solo il 18 % crede fermamente di stare personalizzando con successo le interazioni con i clienti utilizzando IA o IA generativa.
Questo scarto tra l’aspettativa e il rendimento reale è dovuto a molteplici fattori. Innanzitutto, il ruolo del marketing e dei CMO appare oggi in evoluzione ma anche sotto pressione: pur avendo responsabilità crescenti (dalla crescita al customer experience), i budget marketing si sono contratti e l’influenza strategica dei CMO sembra ridursi. Il rapporto segnala che la quota di budget marketing nell’ultimo biennio è scesa a una media di circa il 5 % dei ricavi aziendali, e che la partecipazione del CMO alle decisioni strategiche critiche è calata dal 70 % al 55 % in soli due anni.
Inoltre, molti progetti di IA – e in particolare quelli che riguardano agenti autonomi o multi-agente – sono ancora in fase sperimentale o pilota. Sebbene l’ottimismo sulle tecnologie agentiche sia elevato, la diffusione reale di applicazioni mature e scalate è molto limitata. Il rapporto sottolinea inoltre che il finanziamento della maggior parte delle iniziative IA proviene dal reparto IT, non dal marketing, suggerendo un controllo e un allineamento ancora deboli tra tecnologia e strategia marketing.
Da una prospettiva più ampia, il fatto che tanti leader percepiscano un enorme potenziale nell’IA agente (la capacità cioè di sistemi che non solo generano contenuti o suggerimenti, ma prendono iniziative, agiscono autonomamente e cooperano tra loro) e contemporaneamente riferiscano una scarsa efficacia concreta, invita a riflettere su cosa manca davvero. Non si tratta solo di tecnologia o budget, ma di modelli operativi, competenze, cultura aziendale, integrazione dei dati, governance e cambiamento organizzativo. Le soluzioni IA non diventano miracoli da sole: richiedono che l’azienda, la funzione marketing in primis, ripensi il proprio funzionamento, allinei i processi e definisca ruoli chiari tra umani e agenti digitali. Il rapporto suggerisce che per reclamare il marketing in un’era guidata dall’IA, i CMO devono trasformare il proprio modello operativo, diventando non più semplicemente “funzione di supporto” ma “motore di customer experience e crescita aziendale”.
Questa fotografia offre alcuni spunti molto rilevanti: innanzitutto, quando un’organizzazione decide di adottare IA agente o IA generativa nel marketing, non basta installare la tecnologia, ma occorre valutare se i processi, le competenze e la struttura organizzativa siano pronti a farla prosperare. La personalizzazione avanzata, la segmentazione dinamica, le campagne automatizzate intelligenti richiedono dati puliti, integrazione tra le funzioni (marketing, IT, vendite), collaborazione tra CMO e CIO e una visione di lungo termine. In secondo luogo, il divario tra innovazione e risultato reale suggerisce che è fondamentale misurare correttamente: non solo quanti progetti si lanciano, ma quanti generano incremento tangibile di engagement, conversione, retention, valore cliente. Infine, poiché l’IA agente richiede autonomia, pianificazione, memoria e capacità di operare in contesti complessi, occorre una governance forte — non una “scatola nera” che si lancia e si spera lavori da sola, ma un ecosistema dove gli agenti collaborano con gli esseri umani, dove si definiscono limiti, metriche, responsabilità.
La ricerca del Capgemini Research Institute ci ricorda che l’IA agente nel marketing è una promessa potente ma ancora largamente inesplorata. Il futuro appare promettente: il 70 % dei leader marketing crede in questa tecnologia, ma il presente richiede pazienza, strategia e rigore. Le aziende che riusciranno a costruire non soltanto la tecnologia ma l’intera architettura organizzativa, culturale e operativa, saranno quelle in grado di trasformare l’entusiasmo in valore concreto.