Immagine AI

Adobe, da tempo simbolo della creatività digitale professionale, ha deciso di spingere forte anche nel campo dell’intelligenza artificiale generativa, e con l’annuncio del suo nuovo servizio Adobe AI Foundry fa capire che intende non solo offrire un “plugin IA” standard, ma proporsi come partner strategico per le imprese che vogliono un modello su misura. La novità è che Foundry non sarà solo “fine-tuning” della sua piattaforma Firefly, bensì una vera e propria “riarchitecting” del modello base affinché rifletta lo stile, i valori, l’identità visiva e la guida creativa di un brand specifico.

La distinzione è già evidente nella formula di presentazione: nei modelli “custom” di Firefly tradizionali, un’azienda poteva puntare a un singolo “concetto” — ad esempio generare immagini per un determinato prodotto o campagna — mentre con Foundry l’obiettivo è creare un modello multimodale che “capisca” il brand in ogni sua declinazione: tono, stile, immagini e video, asset proprietari, linguaggio, servizi, prodotti.

Il motivo per cui Adobe fa questo passo va oltre il semplice miglioramento tecnologico. In un mercato in cui l’IA generativa sta diventando commodity, il vero valore per i grandi clienti enterprise risiede nella differenziazione: non basta che il modello produca belle immagini o video, serve che lo faccia in modo coerente con il messaggio del brand, che rispetti gli asset IP, che si inserisca nei flussi creativi già esistenti dell’azienda e che sia governabile. Adobe ha colto questa esigenza. Il VP Hanna Elsakr di Adobe lo definisce “deep tuning” piuttosto che “fine-tuning”: non soltanto adattare, ma ri-addestrare, personalizzare e rifocalizzare il modello base.

In aggiunta, dal punto di vista strategico, la scelta di Adobe segnala che l’azienda intende diventare più di un semplice fornitore di software: vuole occupare una posizione di partner nei progetti IA per brand, portando consulenza, team dedicati, data pipeline, governance. In pratica, un modello di servizio più “alto” rispetto al self-service. È un posizionamento che risponde a un’esigenza che negli ultimi mesi molte imprese hanno manifestato: l’IA generativa “chiavi in mano” non basta, serve un modello che si integri con il brand e con i processi aziendali.

Adobe collabora con l’impresa cliente per definire quali asset proprietari usare (immagini, video, stile di brand), quali prodotti e servizi includere nella conoscenza del modello, e quali output si vogliono generare (immagini, video, testi, magari anche contenuti cross-mediatici). Adobe allora “riapre chirurgicamente” il modello Firefly, lo ri-addestra (continuous pre-training) usando quei dati, magari sovra-pesando certi segnali di brand e sotto-pesando altri, per infondere nella nuova versione del modello l’identità grafica e la “voce” dell’azienda.

Importante è che Adobe mantiene separata questa versione aziendale: non incorpora questi asset aziendali nel modello base che serve tutti, ma li lascia “privati” per l’azienda cliente. Il cliente ottiene l’output, conserva i diritti sugli asset e sulle versioni del modello create, e Adobe promette che non reintegrerà quel contenuto nel suo modello pubblico di Firefly.

Due esempi già menzionati sono The Home Depot e Walt Disney Imagineering, che sono tra le prime aziende ad adottare Foundry. The Home Depot lo definisce “un passo avanti per abbracciare tecnologie all’avanguardia al fine di migliorare l’esperienza del cliente e rafforzare i nostri canali digitali”.

Con Adobe AI Foundry, Adobe on vuole più limitarsi a offrire “strumenti IA generativi”, ma vuole diventare il partner che costruisce per te un modello IA che rifletta davvero il tuo brand, il tuo linguaggio, la tua estetica. In un mondo in cui sempre più aziende cercano non solo “fare contenuti IA” ma “fare contenuti IA che sembrino nostri”, la proposta è forte.

Di Fantasy