In Svizzera si sta sviluppando un interesse sempre più forte verso l’intelligenza artificiale come strumento interno, autonomo e controllabile, capace di ridurre la dipendenza dai grandi fornitori di servizi cloud esterni e allo stesso tempo di salvaguardare uno dei valori più sentiti dal Paese: la privacy dei dati. Questo nuovo orientamento trova espressione in iniziative accademiche e politiche volte a creare soluzioni di intelligenza artificiale che non siano semplici pedine nella rete di server globali controllati da poche grandi aziende tecnologiche straniere, ma strumenti gestibili e affidabili costruiti e mantenuti all’interno delle infrastrutture nazionali.
Al centro di questo fermento c’è un progetto sviluppato dal Politecnico Federale di Losanna (EPFL) chiamato Anyway Systems, pensato per offrire un’alternativa autonoma alle piattaforme cloud dominanti, che spesso implicano l’invio di dati sensibili verso server remoti gestiti da compagnie internazionali. In un’epoca in cui sempre più attività digitali implicano la condivisione di informazioni personali, governative o professionali, la possibilità di elaborare richieste e ottenere risposte da modelli di intelligenza artificiale “fatti in casa” rappresenta un passo importante per garantire che i dati rimangano sotto controllo locale, proteggendo la privacy degli utenti e riducendo i rischi legati a intrusioni o gestione non regolamentata.
La discussione su questa autonomia tecnologica arriva anche nei circoli istituzionali svizzeri, dove una mozione presentata al Parlamento Federale invita a creare un’infrastruttura di intelligenza artificiale propria per i parlamentari. L’obiettivo è offrire ai legislatori strumenti avanzati – come funzioni di traduzione automatica o sintesi di documenti – senza dover ricorrere a servizi cloud esterni che implicano la trasmissione di testi e informazioni potenzialmente sensibili verso server esteri. Questa proposta non è solo una questione tecnica, ma tocca aspetti di sovranità digitale e di sicurezza nazionale, riflettendo la volontà di non delegare interamente a giganti tecnologici esteri la gestione di funzioni che oggi sempre più influenzano l’attività pubblica e privata.
La spinta verso un’AI “svizzera” non nasce dal nulla. Il Paese ospita già una fiorente comunità di ricerca sull’intelligenza artificiale e infrastrutture scientifiche di livello internazionale, come il Swiss National Supercomputing Centre (CSCS), che sostiene risorse di calcolo di alto livello per la comunità scientifica e ha reso possibile lo sviluppo di modelli di grandi dimensioni come Apertus, un progetto di modello linguistico open source pensato per garantire trasparenza, accessibilità e diversità linguistica.
Questa combinazione di infrastrutture avanzate e ricerca diffusa ha portato anche alla creazione della Swiss AI Initiative, un’iniziativa congiunta di istituzioni come EPFL, ETH Zurich e altri partner accademici, che mira a sviluppare progetti di intelligenza artificiale open source e a distribuire risorse di calcolo significative (come centinaia di ore GPU) per sostenere la sperimentazione e la collaborazione tra ricercatori. Questo modello, basato su condivisione e trasparenza, contrasta nettamente con l’approccio proprietario e chiuso dei principali servizi cloud, promuovendo un ecosistema AI più decentralizzato e orientato alla comunità scientifica e alle piccole e medie imprese.
Allo stesso tempo, ci sono anche iniziative legate al tessuto economico e sociale, come le Swiss {ai} Weeks, una serie di eventi che coinvolgono decine di città in tutto il paese per discutere l’IA, l’etica, l’innovazione e l’impatto sociale di queste tecnologie. Queste manifestazioni riflettono l’interesse crescente della società civile per l’intelligenza artificiale non solo come tecnologia avanzata, ma come fenomeno che riguarda la vita quotidiana, la scuola, il lavoro e la partecipazione democratica.
Nonostante queste dinamiche positive, alcuni osservatori sottolineano che, per raggiungere una vera sovranità digitale nell’IA, la Svizzera dovrà aumentare ulteriormente gli investimenti e consolidare le politiche pubbliche in materia. Rispetto a paesi come Singapore o agli investimenti massicci di Stati Uniti e Unione Europea nella creazione di capacità di calcolo e modelli di intelligenza artificiale, la confederazione elvetica potrebbe dover fare di più per garantire che la propria strategia sia sostenibile nel lungo periodo e che le risorse tecnologiche e umane siano adeguate alla competizione globale.
Questo dibattito riflette un equilibrio delicato tra competitività economica, tutela della privacy e autonomia tecnologica. La scelta svizzera di promuovere soluzioni locali e open source non è semplicemente una risposta alla dominanza dei colossi del cloud: è anche un’affermazione di valori, in cui la trasparenza, la sicurezza dei dati e la cooperazione scientifica diventano punti cardinali di una strategia nazionale per l’intelligenza artificiale. In un mondo in cui i dati sono spesso paragonati al nuovo petrolio digitale, la Svizzera sembra voler costruire un sistema di raffinazione interno, puntando non solo a proteggere ciò che è sensibile, ma anche a sfruttare le competenze locali per creare valore reale e duraturo nella rivoluzione digitale contemporanea.
