Un gruppo di astrofisici e statistici italiani ha portato il connubio tra intelligenza artificiale e astronomia a un nuovo livello, sviluppando quello che potremmo definire un vero e proprio “termometro stellare” basato su reti neurali. Questo strumento innovativo, frutto della collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e l’Università degli Studi di Palermo, promette di rivoluzionare il modo in cui misuriamo la temperatura superficiale e l’età delle stelle giovani, elementi chiave per comprendere la formazione stellare nella nostra Galassia.
Tradizionalmente, determinare con precisione l’età di una stella giovane – un oggetto celeste che possiede solo pochi milioni di anni – è stato un compito complesso e laborioso. Gli astronomi dipendono da osservazioni spettroscopiche di alta qualità per ottenere misure affidabili della temperatura efficace di una stella, il parametro che indica quanta energia l’astro emetterebbe se fosse un corpo nero ideale. Conoscere questa temperatura significa poter stimare con accuratezza la massa, lo stato evolutivo e l’età della stella, informazioni fondamentali per decifrare la storia evolutiva delle popolazioni stellari. Tuttavia, per miliardi di stelle nei grandi cataloghi astronomici come quello del satellite Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e dalla survey 2MASS, si dispone finora solo di dati fotometrici – cioè di misure di luminosità e colore – insufficienti per questo tipo di stime.
Questo nuovo approccio – descritto in uno studio accettato per la pubblicazione su PLOS ONE – utilizza una rete neurale addestrata su migliaia di stelle osservate con lo spettrografo FLAMES al Very Large Telescope (VLT) dell’ESO, uno dei più avanzati osservatori terrestri al mondo. La rete è in grado di riconoscere schemi nascosti nei dati fotometrici, correlando colori e caratteristiche osservate con parametri fisici come la temperatura superficiale, con una precisione confrontabile con quella delle misurazioni spettroscopiche tradizionali.
L’applicazione di questo “termometro stellare” ha portato già a risultati sorprendenti. Analizzando un vasto campione di stelle di piccola massa – che rappresentano la maggior parte degli astri nella Via Lattea – il team di ricerca ha scoperto che molti ammassi stellari risultano fino a tre volte più vecchi rispetto alle stime precedenti. Questo significativo scostamento è dovuto, in parte, all’effetto delle starspot, vaste regioni magnetiche sulla superficie delle stelle giovani simili alle macchie solari, che tendono a far apparire gli astri più freddi e quindi giovanili se non correttamente considerati nei modelli evolutivi. L’integrazione di questi effetti nei modelli combinata con l’elaborazione della rete neurale ha permesso di ottenere una visione più accurata dell’evoluzione stellare, mostrando che la formazione delle stelle non avviene in un singolo episodio rapido ma secondo un processo complesso e articolato in più fasi.
Il cuore di questa metodologia è l’uso del machine learning – un insieme di tecniche di intelligenza artificiale in cui i modelli statistici imparano da esempi reali – per reinterpretare osservazioni fotometriche che, da sole, non avrebbero permesso stime così precise. L’importanza di approcci simili è riconosciuta più in generale nella comunità scientifica: studi internazionali stanno adottando tecniche analoghe di intelligenza artificiale per classificare stelle, prevedere eventi cosmici rari o identificare schemi nei dati astronomici che sarebbero impossibili da trovare con metodi tradizionali.
Ma ciò che distingue questa innovazione italiana è la capacità di creare un “termometro” virtuale capace di stimare con precisione la temperatura dei giovani astri sulla base di osservazioni che erano state finora considerate insufficienti per questi scopi. L’applicazione di reti neurali è stata resa possibile dalla disponibilità di insiemi di dati senza precedenti e dalla potenza dei modelli statistici moderni, che riescono a riconoscere correlazioni sottili tra le variazioni di colore delle stelle e le loro proprietà fisiche fondamentali.
L’uso di questi strumenti apre nuove possibilità per studi futuri: con l’arrivo di dati ancora più corposi e dettagliati dalle prossime generazioni di survey astronomiche come Rubin LSST, Roman Telescope e missioni future di Gaia, questo tipo di metodologia potrà essere estesa fino a distanze ancora maggiori, fornendo un quadro ben più ricco e sfaccettato della storia recente della formazione stellare nella nostra Galassia.
