Immagine AI

Nelle pulsanti correnti dell’innovazione AI, dove ogni giorno nuovi strumenti ridefiniscono il modo in cui lavoriamo, comunichiamo e creiamo, Anthropic ha appena introdotto un cambiamento che potrebbe sembrare piccolo in superficie, ma che promette di trasformare il rapporto fra chi usa l’intelligenza artificiale e il flusso stesso del lavoro. Il lancio della funzione “Memory” per uso aziendale su Claude non è semplicemente un modo di ricordare informazioni: è un gesto verso una AI che accompagna i progetti, che conosce contesti, priorità, dettagli, adattandosi al ritmo delle squadre e dei progetti. E, forse più sorprendente, permette che quelle memorie non restino legate a un solo prodotto, ma possano essere trasferite ad altri chatbot.

Anthropic ha annunciato, il 12 settembre scorso, che l’applicazione del suo modello Chatbot Claude avrà da ora una funzionalità memorizzabile per gli utenti con piani Team o Enterprise. In pratica, Claude potrà conservare contesti già definiti: chi sei, che cosa fai, come lavori, quali progetti stai seguendo, quali sono le tue priorità, quali clienti o interlocutori sono coinvolti. Invece di ripetere ogni volta, ogni volta che si avvia una nuova sessione, aspetti che il sistema capisca di che cosa stavi parlando, di rifare il punto, Claude potrà farlo da solo, partendo da dove eri rimasto.

Questa memoria non è generica, non è diffusa in tutti i contesti; è organizzata per progetto. Se riesci a immaginare una squadra che lavora su varie linee, come sviluppo prodotto, marketing, clienti, ricerca, ognuno con documenti diversi, incontri con interlocutori diversi, problemi diversi: la memoria di Claude separerà tali contesti. Un progetto resta distinto da un altro, così come le discussioni confidenziali non finiscono mescolate con il lavoro ordinario che si può trattare più liberamente.

Uno degli aspetti più interessanti è la trasferibilità: Anthropic permette che questa memoria generata in Claude possa essere scaricata e trasferita ad altri chatbot. Se quindi un’organizzazione volesse spostare certi progetti o certi contesti su, per esempio, ChatGPT o Gemini (altro servizio concorrente), sarebbe tecnicamente possibile. Certo, la funzione è ancora in fase di sviluppo, e Anthropic avverte che non tutto il trasferimento sarà sempre perfetto, che potrebbero esserci fallimenti nel “integrare” questi dati trasferiti in un altro sistema. Ma il fatto che ci sia questa apertura, questo tentativo di interoperabilità, è già un segnale importante.

Per rendere il tutto gestibile, Anthropic ha previsto strumenti di controllo. Gli amministratori delle organizzazioni possono attivare la memoria solo con il loro consenso, possono vederla, editarla, controllare cosa viene ricordato, cosa no. E per conversazioni dove si desidera che niente resti memorizzato, è prevista una modalità “secret chat”, che funziona senza lasciare tracce nella memoria: utile quando si discute di questioni sensibili, strategie segrete, brainstorming che non vuoi che restino salvati.

Alla base di tutto c’è una consapevolezza: la tecnologia non migliora solo se è più potente, ma se si adatta meglio alle abitudini, agli stili, ai bisogni reali delle persone che la usano. In contesti aziendali, il passaggio di consegne fra team, la continuità, la persistenza del contesto—sono tutti elementi che altrimenti costano tempo, fraintendimenti, perdita di informazioni. Claude, con la sua memoria aziendale, tende a ridurre queste frizioni, a fare sì che l’IA non debba sempre ricominciare da capo.

Ma ci sono anche punti che restano aperti: fin dove l’utente si sentirà a suo agio nel condividere con l’IA dettagli sensibili? Quanto robuste e sicure saranno le infrastrutture per proteggere quei dati? Quanto bene funzioneranno le transizioni, in particolare quando si trasferiscono memorie tra prodotti che probabilmente hanno logicamente, architettonicamente, politiche diverse? Quanto impatterà questo sulla privacy, e come si assicurerà che tali memorie non vengano usate in modo improprio?

Anthropic sembra aver in mente proprio tutto questo, imponendo limiti (modalità segreta, controllo amministrativo), ma come spesso accade, la vera prova sarà nella pratica: nell’esperienza concreta degli utenti, nei casi d’uso reali. E forse, in futuro, questa funzione di memoria sarà un elemento standard, non solo un plus nei piani aziendali: diventerà un modo di concepire le AI conversazionali come collaboratori continui, che ti conoscono, ricordano, anticipano.

Di Fantasy