Nel corso della conferenza DevDay 2025, il CEO di OpenAI Sam Altman ha rivelato un traguardo che porta con sé implicazioni ben più grandi dei numeri: ChatGPT ha superato gli 800 milioni di utenti attivi a settimana. Una soglia che conferma non solo la diffusione massiccia dello strumento, ma anche la sua evoluzione da curiosità tecnologica a piattaforma centrale per lo sviluppo, l’innovazione e l’adozione aziendale.
Altman ha salutato con gratitudine gli oltre 1.500 sviluppatori presenti alla conferenza, ricordando che già “4 milioni di sviluppatori hanno costruito soluzioni con la tecnologia OpenAI” e che la sua API processa oggi “oltre 6 miliardi di token al minuto”. Con queste parole ha tracciato un passaggio cruciale: l’AI non è più uno spazio sperimentale, ma un meccanismo produttivo quotidiano nelle mani di migliaia di professionisti.
Questi numeri raccontano una crescita che non è avvenuta per caso. Alla fine di marzo, OpenAI dichiarava di avere 500 milioni di utenti attivi settimanali, e qualche mese dopo — entro luglio — quel numero era già salito a 700 milioni. Ora, in autunno, l’azienda punta al miliardo entro la fine dell’anno. Un ritmo impressionante, che dimostra quanto rapidamente si stia ampliando il bacino non solo degli utenti normali, ma anche delle imprese, dei governi e, naturalmente, degli sviluppatori.
Dietro questo ampliamento ci sono spinte infrastrutturali e strategiche: OpenAI ha stretto alleanze con produttori di chip come Nvidia e AMD, si muove in Asia per costruire data center, e ha messo a punto strumenti che scorrono al centro dell’ecosistema ChatGPT. Non è un caso che in quel contesto Altman abbia dichiarato di “essere dedicata alla creazione della migliore piattaforma aziendale”, segnalando che l’azienda intende ormai rivolgersi in misura sempre maggiore alle imprese con requisiti elevati di sicurezza, affidabilità, personalizzazione.
Durante il suo intervento, Altman ha anticipato che l’infrastruttura precedente non era ancora in grado di supportare alcune delle esigenze più avanzate dei clienti business, ma che ora “il modello è già maturo”. In questo senso, ha parlato di “partnership iniziali” per supportare gli usi più esigenti. Parallelamente Greg Brockman, presidente di OpenAI, ha evocato con tono quasi metaforico il fatto che la tecnologia che “conquista medaglie d’oro alle Olimpiadi della matematica” possa tornare vantaggiosa anche all’azienda stessa: un richiamo potente all’idea che l’AI possa consacrarsi in ambiti di massima precisione e complessità.
Un annuncio tecnicamente cruciale, emerso nelle ultime settimane, riguarda il “verificatore universale” — un metodo che mira a ridurre le illusioni tipiche dei modelli linguistici verificando le risposte di un LLM con quelle di un altro. È una funzionalità ad altissimo costo computazionale ma con potenziale impatto strategico in ambienti aziendali dove l’accuratezza e l’affidabilità delle risposte sono requisiti stringenti.
Altman non ha trascurato di citare anche Sora, l’app recentemente al centro dell’attenzione per il suo successo di mercato: pur riconoscendo che l’impatto informatico potrebbe diventare significativo, non la considera fra le sue “preoccupazioni principali” al momento, lasciando intendere che il modello di monetizzazione sia ancora all’esame.
Nel corso della sessione di domande e risposte, Altman ha ammesso che “ci sono molte bolle in molti settori dell’intelligenza artificiale”, ma ha aggiunto che, nonostante ciò, “verrà creato un valore reale”. È un riconoscimento implicito dei rischi e delle esuberanze che accompagnano il fenomeno AI, ma anche un tono fiducioso nel proiettare ChatGPT – e OpenAI – come infrastruttura non effimera bensì portatrice di cambiamento concreto.
Guardando al significato di questi annunci, emerge che OpenAI sta cercando di trasformarsi da semplice fornitore di modelli a piattaforma capillare, dentro cui gli sviluppatori possano creare app conversazionali, integrare servizi, operare su larga scala con elementi di affidabilità enterprise. ChatGPT diventa così un ambiente compositivo: non più un semplice strumento da interrogare, ma un ecosistema su cui costruire.