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Quando si pensa ad un successo clamoroso nel mondo dell’intelligenza artificiale, è facile immaginare numeri in crescita, conti in salita, entusiasmo inarrestabile. E in effetti la piattaforma ChatGPT è stata per anni il simbolo della rapida ascesa dell’IA conversazionale: adattabilità sorprendente, slogan virali, milioni di utenti – eppure, proprio nell’ultimo periodo, sta emergendo uno scenario meno trionfante, in cui l’ampia diffusione non si sta traducendo in un’adeguata monetizzazione. In particolare, in Europa la crescita delle sottoscrizioni a pagamento sembra essersi bloccata.

Ecco come si arriva a questa conclusione, cosa significa per OpenAI, e quali implicazioni più ampie emergono per il modello di business dell’IA generativa.

Secondo un rapporto della Deutsche Bank, nei mercati europei più importanti — Regno Unito, Germania, Francia, Italia e Spagna — la spesa dei consumatori per la versione a pagamento di ChatGPT è rimasta praticamente invariata a partire da maggio 2025. In particolare, mentre nei primi anni della sua diffusione la crescita era sostenuta (più del 20 % anno su anno nel 2023), ora non si vede il consueto rimbalzo post-estate che invece aveva caratterizzato il 2024.

Eppure la piattaforma è tutt’altro che poco usata: OpenAI ha dichiarato che ChatGPT conta circa 800 milioni di utenti attivi settimanalmente a livello globale. Tuttavia, solo circa il 5 % di quegli utenti risulta pagare un abbonamento — circa 40 milioni di abbonati paganti in tutto il mondo.

Il paradosso è che i numeri di utenza sono immensi, ma la conversione in ricavi appare molto più lenta e la spesa media europea resta inferiore a quella che registrano servizi ben più “maturi” come la musica in streaming o le piattaforme video: in questi Paesi la spesa per ChatGPT è circa la metà di Spotify e soltanto un quarto di quella di Netflix.

Ci sono diverse ragioni, che messe insieme aiutano a comprendere perché il modello «tanti utenti gratuiti → tanti abbonamenti» non stia funzionando al ritmo sperato. Innanzitutto la saturazione del mercato e la crescente offerta di prodotti concorrenti. Oggi molti utenti europei hanno a disposizione non solo ChatGPT, ma anche servizi simili, come Gemini di Google, Claude Pro di Anthropic e Perplexity Pro, spesso a prezzi simili e con funzionalità che sono ravvicinate rispetto a quanto offerto da OpenAI. Di conseguenza, il “vantaggio competitivo” che un tempo ChatGPT deteneva come pioniere appare oggi attenuato.

In secondo luogo c’è il tema della valorizzazione percepita del servizio. Molti utenti trovano che la versione gratuita di ChatGPT sia già sufficientemente valida per le loro esigenze e rimandano o rinunciano all’abbonamento. In un mercato dove il prezzo europeo è intorno a 22-24 € al mese (con IVA) — lo stesso prezzo che pagano gli abbonati agli altri servizi IA premium — l’ostacolo mentale ad upgrade è concreto.

Poi c’è l’aspetto degli investimenti che OpenAI sta sostenendo: l’infrastruttura per far girare modelli grandi, volumi elevati, GPU e data center da centinaia di milioni, se non miliardi, di dollari. Se i ricavi non aumentano al ritmo, si crea un bilancio asimmetrico tra costi e guadagni. Il rapporto della Deutsche Bank fa notare come lo stallo europeo rappresenti un segnale di rischio per la sostenibilità del modello “gratuito + upsell” su cui OpenAI ha puntato.

Questo rallentamento non deve essere visto solo come una battuta d’arresto periodica, ma come un possibile punto di svolta. Quando un servizio gratuito riesce a conquistare tanti utenti, più che la strategia dell’awareness, diventa decisiva la conversione in abbonati, la fidelizzazione e la monetizzazione. In questo senso, mentre ChatGPT ha già raggiunto una scala notevole, la sua abilità di trasformare quei numeri in entrate sta diventando il vero banco di prova.

In Europa, questo dato assume rilevanza ancora maggiore: è un mercato maturo, competitivo, con consumatori che valutano molto il rapporto qualità/prezzo e sono meno inclini a saltare sull’abbonamento solo per “provare”. Che il trend sia piatto indica che le leve di crescita tradizionali (più utenti, stagionalità favorente) sono meno efficaci di quanto in passato.

Per OpenAI questo significa che la gran parte della crescita futura non potrà più dipendere solo dal “numero totale di utenti”. Occorrerà aumentare il valore percepito dell’abbonamento, differenziare i livelli di servizio, forse spingere sul B2B, sulle imprese o su nicchie verticali dove il servizio giustifica costi più elevati.

Se il plateau europeo si confermerà, OpenAI potrebbe trovarsi in una situazione in cui la raccolta da abbonati paga solo una parte del conto e sarà costretta a puntare forte su altre fonti di ricavo: licenze enterprise, partnership verticali, pubblicità, integrazioni (come con motori di ricerca o produttività) o modelli “freemium” più sofisticati.

D’altro canto, se la concorrenza continuerà a erodere margini e se gli utenti gratuiti resteranno “sufficienti” per molti, potremmo assistere a una ristrutturazione dei modelli di prezzo, magari con upgrade più differenziati, sconti, bundling con altri servizi o introduzione di livelli “professional” specifici.

In ogni caso, per l’ecosistema dell’IA generativa questo momento ha valenza simbolica: dimostra che la fase “boom” degli utenti non basta, e che la vera partita si gioca sulla monetizzazione, sulla fidelizzazione e sulla capacità di costruire modelli di valore sostenibile.

La storia di ChatGPT in Europa ci sta indicando che «avere milioni di utenti» non significa automaticamente «avere milioni di abbonati paganti». E che, in un panorama competitivo e maturo, la crescita richiede più della semplice diffusione. OpenAI ha dimostrato di avere scala e visibilità, ma è ora sul banco di prova della conversione e della sostenibilità.

Se riuscirà a reinvertire la tendenza, potrà rafforzare la sua leadership e giustificare i suoi investimenti mastodontici. Se invece il plateu si confermerà, allora potremmo assistere non al crollo, ma a una fase di maturazione — dove le aziende dell’IA passano dal “fare rumore” al “fare utili”. E per tutti gli osservatori dell’industria sarà uno spartiacque, perché mostra che anche il motore dell’IA ha bisogno di carburante proficuo per andare avanti.

Di Fantasy