Il Disegno di Legge n. 2316, noto come Ddl AI, propone modifiche significative al Codice Penale italiano per affrontare le sfide legate all’uso dell’intelligenza artificiale (IA). Tra le principali novità:
- Introduzione di una nuova aggravante: L’articolo 61 c.p. viene integrato con una nuova aggravante (n. 11-decies), che prevede pene più severe per i reati commessi utilizzando sistemi di IA che abbiano costituito un “mezzo insidioso” o che abbiano ostacolato la difesa pubblica o privata.
- Nuova fattispecie di reato: Viene introdotto l’articolo 612-quater c.p., che punisce la diffusione illecita di contenuti generati o alterati con sistemi di IA, come deepfake o contenuti manipolati, al fine di tutelare l’onore e la reputazione delle persone.
- Estensione delle aggravanti esistenti: L’uso dell’IA viene considerato un’aggravante anche in reati come l’aggiotaggio societario e bancario (art. 2637 c.c.) e la violazione del diritto d’autore (art. 171 L. 633/1941).
Nonostante le intenzioni del legislatore, emergono diverse criticità:
- Ambiguità terminologica: L’espressione “mezzo insidioso” non è definita chiaramente, lasciando spazio a interpretazioni soggettive.
- Difficoltà nell’attribuzione della responsabilità: È complesso stabilire la responsabilità penale in caso di danni causati da IA, soprattutto quando l’algoritmo agisce autonomamente.
- Rischi per la libertà di espressione: L’ampia applicabilità delle nuove norme potrebbe limitare la libertà di espressione, soprattutto in contesti come il giornalismo investigativo.
Il Ddl AI è attualmente in fase di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei deputati. Se approvato, rappresenterebbe un passo importante verso una regolamentazione dell’uso dell’intelligenza artificiale in Italia, ma richiede ulteriori riflessioni per bilanciare innovazione tecnologica e tutela dei diritti fondamentali.