Un silenzio crescente percorre i corridoi dei contact center sparsi per l’Italia — da Roma a Napoli, passando per Potenza, Reggio Calabria, Castelfranco Veneto. Non si tratta del suono dei telefoni, ma del rumore sommesso di una preoccupazione che avanza, quella dei lavoratori osservati da un futuro dominato dalla tecnologia.

Enel ha da poco pubblicato una gara per affidare in 12 lotti le attività di back-office e gestione qualità nei suoi centri di assistenza. Sono circa 1.500 persone coinvolte, impiegate in servizi delicati come il supporto clienti e la verifica delle procedure. In questa gara, però, si nasconde una svolta silenziosa: l’introduzione dell’intelligenza artificiale nella gestione delle attività quotidiane.

I sindacati (Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil) lanciano l’allarme. Nel breve termine, la clausola sociale garantisce la continuità occupazionale in caso di cambio di appalto. Ma nel medio termine, stimano un potenziale 35-40% di esuberi a causa dell’adozione di strumenti automatizzati. Le aziende subentranti si sono dette disponibili a riqualificare il personale, ma i sindacati temono che la domanda, in costante calo, renda questa prospettiva fragile.

Secondo l’Ugl telecomunicazioni, le zone coinvolte dal bando presentano situazioni territoriali fragili: Campobasso, Reggio Calabria, Potenza, Sulmona. Qui, il settore dei contact center rappresenta una delle poche fonti di lavoro stabile. Una contrazione significativa in questi territori potrebbe avere effetti drammatici, amplificati dal fatto che oltre il 70% dei lavoratori è donna, in un contesto in cui il gender gap e la denatalità sono già temi caldi.

I sindacati contestano la logica con cui un soggetto a partecipazione pubblica — come Enel — propone soluzioni tecnologiche scaricando sugli appalti i costi della transizione digitale. Non può essere ignorato il ruolo della contrattazione preventiva, auspicano. L’automazione non deve diventare alibi per ridurre il lavoro umano senza una strategia condivisa e tutelante.

È urgente convocare un tavolo di crisi — dicono i sindacati — coinvolgendo Governo, imprese e parti sociali. Serve una regia istituzionale per promuovere la transizione giusta: nuove competenze, formazione, strumenti legislativi mirati, e una visione strategica condivisa. Non bastano gli ammortizzatori sociali: vanno affiancati processi di riqualificazione, tutela e sviluppo che l’innovazione non si limiti a sostituire, ma accompagni.

Siamo di fronte a un bivio: l’intelligenza artificiale può essere motore di progresso, ma anche accompagnatrice di disuguaglianze se la sua introduzione non è governata. Il caso Enel — dai contact center alle clausole sociali — diventa così uno specchio potente della sfida sociale che abbiamo davanti: innovare sì, ma con responsabilità, equità e dignità per chi lavora.

Di Fantasy