C’è un’immagine che resta addosso dopo le parole di Kai-Fu Lee al TED AI di San Francisco: il mondo dell’intelligenza artificiale non corre su una sola pista. È una corsa a binari paralleli, con vincitori diversi a seconda del terreno. Nella visione, lucida e per nulla accomodante, dell’ex dirigente di Apple, Microsoft e Google – oggi investitore e fondatore di 01.AI – gli Stati Uniti restano fortissimi in software enterprise e ricerca di frontiera, ma stanno perdendo terreno, anzi “stanno già perdendo”, nella partita dell’hardware e della robotica contro la Cina. Un equilibrio che non è una provocazione da palco, bensì la fotografia di come capitali, filiere industriali e culture di prodotto si siano separate, accelerando in direzioni opposte.

La frattura comincia dai soldi e da dove vanno. Negli USA i venture capital affollano il lato “software-centrico” dell’IA generativa, spingendo modelli proprietari e strumenti per far correre la produttività d’ufficio; in Cina gli stessi capitali si addensano su robotica e hardware, dove l’efficienza di manifattura, supply chain integrata e tempi di iterazione lampo promettono ritorni concreti. Ne nasce un paradosso: l’America che eccelle nel far pagare l’AI alle imprese – abbonamenti, seat, consumi – e la Cina che traduce più velocemente l’AI in prodotti fisici, con robot umanoidi e quadrupedi che scendono di prezzo e salgono di capacità, sostenuti da un ecosistema industriale difficilmente replicabile sulla costa occidentale.

Nel racconto di Lee c’è un dettaglio che pesa più di mille slogan: l’abitudine a pagare software è una competenza economica. Le aziende statunitensi hanno già interiorizzato le logiche di sottoscrizione; quelle cinesi, storicamente restie a fee ricorrenti, hanno spinto su modelli alternativi – pubblicità, e-commerce, esperienze in-app – e ora stanno traslando questo istinto di product-market fit sull’IA consumer. È qui che, secondo Lee, i ByteDance, gli Alibaba e i Tencent possono muoversi più rapidi dei loro equivalenti occidentali, cucendo l’IA dentro flussi di intrattenimento, socialità e commercio digitale con la spregiudicatezza di chi ottimizza engagement da un decennio. Se l’enterprise resterà la roccaforte americana, l’adozione di massa potrebbe parlare cinese.

La robotica è il campo dove la diagnosi diventa sentenza quasi definitiva. Non perché in Occidente manchino idee o prototipi – le università e i laboratori americani continuano a sfornare ricerche notevoli – ma perché costruire robot vuol dire hardware in serie, supply chain cortissima, fornitori che parlano la tua lingua industriale. In questo la Cina ha giocato in casa per vent’anni. Marchi come Unitree hanno mostrato che è possibile mettere sul mercato piattaforme umanoidi e quadrupedi a frazioni del costo dei concorrenti, senza rinunciare alle prestazioni: un rapporto prezzo-capacità che, nel medio periodo, decide la geografia dei clienti e dei casi d’uso. Lee non dice che la gara sia finita; dice però che gli incentivi finanziari statunitensi non spingono abbastanza forte in quella direzione. E nell’innovazione, spesso, vincono gli incentivi prima delle tecnologie.

Di Fantasy