Secondo i risultati di una ricerca, è emerso che informazioni personali come altezza, peso, età e stato civile possono essere dedotte dall’analisi dei movimenti di una persona che indossa un visore per la realtà virtuale (VR). Questa ricerca solleva preoccupazioni in merito alla potenziale violazione della privacy, poiché tali dati personali possono essere inferiti anche senza che l’utente li divulghi direttamente, grazie all’impiego dell’intelligenza artificiale (IA).
Bloomberg ha recentemente riportato che i ricercatori dell’Università di Berkeley hanno utilizzato dati relativi ai movimenti degli occhi e delle mani degli utenti, raccolti per supportare l’utilizzo dei visori VR, al fine di alimentare un modello di intelligenza artificiale. Questo modello è stato in grado di indovinare informazioni personali come età, sesso, etnia e paese di provenienza degli utenti. Questo studio ha sollevato l’ipotesi che tali informazioni potrebbero essere dedotte in modo simile in futuro.
Attraverso l’analisi, il modello di IA è stato in grado di stimare l’età dell’utente basandosi sulla velocità con cui la mano raggiungeva un bersaglio virtuale. Una reazione più rapida era correlata a una vista migliore e a un’età inferiore. I ricercatori ritengono che possano anche essere dedotti ulteriori dettagli come il livello di istruzione, il reddito, lo stato di salute e addirittura le preferenze politiche, utilizzando questo approccio.
La ricerca ha dimostrato che il team dell’Università di Berkeley è stato in grado di identificare con una precisione del 94% più di 50.000 utenti di visori VR in uno studio condotto lo scorso febbraio. In un secondo studio, condotto a giugno, i ricercatori hanno rilevato altezza e peso di circa 1.000 persone attraverso un gioco VR specifico, ottenendo una precisione superiore all’80%. Inoltre, informazioni come lo stato civile, l’occupazione e l’etnia sono state dedotte con una precisione superiore al 70%.
I visori VR utilizzati in questi studi includono modelli come “Quest 2” di Meta, “Index” di Valve, “Vive” di HTC e “Windows MR” di Samsung.
Jay Stanley, analista politico senior presso l’American Civil Liberties Union, ha condiviso le sue preoccupazioni a riguardo, evidenziando come i visori VR raccolgano dati come lo sguardo, il linguaggio del corpo, le proporzioni corporee e le espressioni facciali, che potrebbero avere implicazioni significative sulla privacy degli utenti.
Un aspetto critico sollevato è anche la scarsa consapevolezza dei consumatori riguardo alla portata dei dati raccolti dai visori VR. Vivek Nair, ricercatore senior dell’Università di Berkeley, ha sottolineato la necessità di una maggiore attenzione da parte degli utenti e delle autorità regolatorie nei confronti di queste tecnologie all’avanguardia.