Negli ultimi tempi, il dibattito sull’intelligenza artificiale (IA) e il suo impatto sulla creatività artistica è diventato sempre più acceso. Numerosi artisti hanno espresso preoccupazioni riguardo all’uso dell’IA nella musica, temendo che possa minare l’autenticità e l’originalità delle opere umane. Tra queste voci, spicca quella di Jimmy Page, leggendario chitarrista dei Led Zeppelin, che ha recentemente condiviso le sue riflessioni su questo tema.
In un post su Instagram, Page ha ricordato i suoi inizi come musicista di sessione nella Londra degli anni ’60, sottolineando come quelle esperienze abbiano forgiato la sua creatività. Ha descritto le lunghe ore trascorse in studio, spesso impegnato in tre sessioni da tre ore al giorno, come un crogiolo di creatività, collaborazione e ispirazione incessante. Durante quel periodo, gli veniva richiesto di inventare riff e fraseggi melodici all’istante, senza interrompere il flusso del lavoro con gli altri musicisti e l’artista.
Page ha enfatizzato che il suo percorso, dall’anonimato del lavoro in studio ai palcoscenici mondiali con i Led Zeppelin, non è stato tracciato da algoritmi o set di dati, ma è stato segnato dall’improvvisazione spontanea e dall’ingegno umano. Ha sottolineato come l’alchimia che trasformava un riff unico in un inno fosse incisa nell’anima collettiva della band, una sinergia che nessuna macchina potrà mai replicare.
Riguardo all’IA, Page ha espresso preoccupazione per il fatto che essa cerchi di imitare e monetizzare la creatività umana. Ha affermato che l’arte e la musica generate dall’IA, sintetizzate a partire da opere umane esistenti, mancano dell’essenza viscerale derivante dall’esperienza vissuta, risultando in echi vuoti privi delle lotte, dei trionfi e dell’anima che definiscono la vera arte.
Le implicazioni etiche sono, secondo Page, profonde. Quando l’IA attinge al vasto patrimonio della creatività umana per generare contenuti, spesso lo fa senza consenso, attribuzione o compenso, configurandosi come sfruttamento piuttosto che innovazione. Ha paragonato questa situazione a un furto: se, ai tempi delle sue sessioni, qualcuno avesse preso i suoi riff senza riconoscimento o pagamento, sarebbe stato considerato un furto, e lo stesso principio dovrebbe valere per l’IA.
Page ha quindi esortato a sostenere politiche che proteggano gli artisti, assicurandosi che il loro lavoro non venga risucchiato nel vuoto del machine learning senza il dovuto rispetto. Ha invitato a celebrare e preservare il tocco umano nell’arte, riconoscendo le imperfezioni, le emozioni e le storie dietro ogni nota e cadenza. Difendendo la sacralità della creatività umana dall’invasione dell’IA, si salvaguardano non solo i diritti degli artisti, ma anche l’anima stessa del nostro patrimonio culturale.
Le parole di Page si inseriscono in un contesto più ampio di dibattito sull’IA nella musica. Recentemente, un gruppo di mille artisti, tra cui Damon Albarn e Kate Bush, ha pubblicato un album collettivo interamente muto in segno di protesta contro le nuove leggi sul copyright proposte dal governo britannico, che potrebbero favorire le aziende di IA a scapito della creazione artistica originale. Anche Brian May dei Queen ha espresso preoccupazioni simili, definendo il futuro della musica e della creatività “già cambiato per sempre”.
La crescente capacità dell’IA di generare musica sta sollevando interrogativi sulla natura della creatività e sul ruolo dell’essere umano nell’arte. Mentre alcuni vedono nell’IA un’opportunità per espandere le possibilità creative, altri, come Page, temono che possa portare a una standardizzazione e a una perdita dell’autenticità che caratterizza l’esperienza artistica umana.