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Il settore digitale è stato irrevocabilmente alterato dall’avvento dell’Intelligenza Artificiale Generativa, e il marketing si trova ora ad affrontare la sua sfida più grande dall’introduzione della ricerca mobile: l’ottimizzazione per un motore che fornisce risposte complete, anziché semplici elenchi di link. Un recente sondaggio condotto da Modus e Semrush tra i Chief Marketing Officer (CMO) B2B rivela un quadro illuminante e paradossale, riassunto nel “Geo Confidence Gap”: i leader di marketing sono totalmente convinti dell’importanza della Ricerca AI, ma lottano disperatamente per trovare metriche chiare per misurarne il successo.

L’integrazione di strumenti come la Generative Experience di Google o piattaforme di ricerca AI-first sta riscrivendo il modo in cui i brand compaiono e competono online. Non si tratta più solo di classificare un link tra i primi dieci risultati, ma di vincere lo snippet di risposta diretta, quell’unica sintesi autorevole generata dall’AI. Di conseguenza, il nuovo imperativo per i marketer è la Generative Engine Optimization (GEO), ovvero l’arte e la scienza di ottimizzare i contenuti per i risultati di ricerca guidati dall’IA.

I risultati dell’indagine non lasciano dubbi sulla priorità strategica: ben l’85% dei CMO intervistati dichiara che il GEO è una priorità “critica o alta” per la propria strategia di marketing. Questa unanimità dimostra che l’AI non è vista come una tendenza passeggera, ma come una forza fondamentale che modificherà radicalmente il rapporto tra utenti e brand. Per i leader del marketing, l’adattamento al GEO non è una scelta, ma una condizione di sopravvivenza in un ecosistema in rapida evoluzione.

Nonostante l’alta priorità, i numeri rivelano una profonda crepa nella fiducia operativa. Sebbene i CMO siano “tutti dentro” strategicamente, il loro livello di confidenza nell’eseguire il GEO in modo efficace si attesta a un modesto 7.5 su 10. Questo divario tra l’urgenza di agire e la certezza di come farlo è il nucleo del “Confidence Gap”.

Questa incertezza è alimentata da una generale confusione terminologica: mentre il 34% dei marketer utilizza il termine “GEO”, molti altri oscillano tra “AIO” (AI Optimization) o “AEO” (AI Engine Optimization). L’assenza di un vocabolario standardizzato è un chiaro segno della nascenza del mercato e dell’affannosa ricerca di un playbook universale. Il messaggio è chiaro: i leader sanno dove devono andare, ma sono ancora in fase di apprendimento per definire la strada più sicura.

L’ostacolo più grande e il fattore principale che alimenta il gap di fiducia è la difficoltà di misurare il successo in questo nuovo ambiente. Quasi la metà dei marketer intervistati, precisamente il 46%, indica i KPI (Key Performance Indicators) poco chiari come la principale sfida nell’adattare l’ottimizzazione della ricerca tradizionale (SEO) all’AI.

L’SEO tradizionale si basava su metriche tangibili: click-through rate, volume di traffico e posizionamento. Nell’era del GEO, la conversione avviene in modo diverso. Il motore AI fornisce direttamente la risposta nel suo snippet generativo, riducendo spesso il bisogno per l’utente di cliccare sul sito sorgente. Di conseguenza, i brand non competono più solo per i click, ma per l’Autorità, la Visibilità e la Fiducia incorporate nella risposta generata. I CMO devono ora trovare nuovi modi per quantificare il valore di essere scelti come fonte primaria di conoscenza dall’AI, una forma di “brand lift” e convalida che i vecchi strumenti analitici non riescono a catturare.

Non a caso, l’87% dei leader è concorde nell’affermare che l’SEO non sta morendo, ma sta evolvendo: si sta trasformando in una disciplina nuova e più complessa focalizzata sull’ottimizzazione dell’intenzione e della veracity del contenuto.

Per superare il gap e stabilire le basi per il 2026, i CMO si stanno concentrando su un playbook emergente basato su cinque pilastri fondamentali, tutti orientati a soddisfare le esigenze di un motore AI:

  • Contenuto basato sulla Risposta (Answer-first content): Creare contenuti che siano precisi, completi e strutturati in modo da rispondere direttamente e in modo definitivo a una domanda specifica, rendendo più facile per l’AI estrarre uno snippet autorevole.
  • Dati Strutturati ed Entità: Utilizzare i markup e i dati strutturati per definire chiaramente le entità (prodotti, persone, aziende) all’interno del proprio ecosistema di contenuti. Questo aiuta l’AI a comprendere i fatti e le relazioni tra di essi, essenziali per la generazione di risposte corrette.
  • Autorità e Fiducia del Brand: L’AI predilige fonti che sono percepite come affidabili. Costruire e dimostrare la propria autorità nel settore diventa una priorità assoluta per influenzare l’algoritmo generativo.
  • Testing e Sperimentazione: Sviluppare metodologie per testare l’impatto di diverse strategie di contenuto direttamente sui motori di ricerca AI, imparando dai modelli stessi.
  • Definizione dei Framework di Misurazione: L’obiettivo più difficile: stabilire framework analitici che possano finalmente misurare l’impatto sulla reputation, l’influenza e la conversione anche quando l’utente non clicca.

La corsa al GEO è iniziata e i marketer sono determinati a farne parte. Tuttavia, la vera vittoria non andrà a chi adotta l’AI più velocemente, ma a chi riesce a trasformare questa tecnologia da un progetto ad hoc a una capacità di marketing integrata e misurabile, assegnando una chiara responsabilità e dotandosi di nuovi framework di misurazione per l’era della ricerca intelligente.

Di Fantasy