Recentemente OpenAI ha stretto un’alleanza strategica con AMD, con l’obiettivo ambizioso di schierare fino a 6 gigawatt (GW) di potenza GPU — un impegno che potrebbe cambiare significativamente la scala e le prestazioni delle sue future applicazioni e servizi AI.
Il progetto è audace fin dall’inizio: il primo gigawatt di GPU AMD Instinct MI450 è previsto per essere messo in opera già nella seconda metà del prossimo anno.
Questo passo iniziale non è soltanto una questione tecnica — è anche legato a meccanismi finanziari e contrattuali ben studiati: AMD concederà a OpenAI un’opzione (warrant) su fino a 160 milioni di azioni ordinarie, con condizioni di vesting (ovvero momenti in cui i diritti si acquisiscono) legate ai progressi nello sviluppo e alle soglie di penetrazione tecnologica.
La struttura di questo accordo è tale che la prima tranche di azioni verrà “sbloccata” proprio al momento in cui il primo gigawatt sarà effettivamente installato. Le tranche successive dipenderanno dall’espansione effettiva dell’infrastruttura fino al traguardo di 6 GW, ma saranno condizionate anche al raggiungimento di target di prezzo delle azioni di AMD e a risultati operativi da parte di OpenAI.
Dietro questo piano ci sono considerazioni profonde: non si tratta solo di potenziare potenza di calcolo, ma di garantire a OpenAI un canale strategico di approvvigionamento hardware su cui poter contare nel lungo termine. Le GPU sono risorse cruciali per addestrare modelli di linguaggio su larga scala, per l’esecuzione di inferenze complesse, per task multimodali che combinano testo, immagine, audio e persino video. In un momento in cui la domanda globale per chip acceleratori è più alta che mai, un accordo esclusivo con un grande produttore come AMD rappresenta un vantaggio competitivo notevole.
Naturalmente, un’impresa di questa portata presenta sfide e complessità elevate. Innanzitutto, la logistica di installare centinaia di migliaia — se non milioni — di GPU distribuite tra data center esistenti o nuovi. Ogni unità richiede raffreddamento, alimentazione, networking, manutenzione e integrazione software: l’hardware da solo non basta, serve una orchestrazione impeccabile. C’è poi il rischio tecnologico — è necessario che le GPU MI450 corrispondano alle aspettative di performance, efficienza energetica e scalabilità in ambienti reali, non solo nei test di laboratorio.
Altro nodo è il vincolo finanziario: perché AMD conceda 160 milioni di azioni “scontate” (al prezzo simbolico di 0,01 USD ciascuna) c’è bisogno di garanzie che l’investimento da parte di OpenAI produrrà rendimenti concreti. Se l’espansione dovesse rallentare o incontrare ostacoli, il valore economico dell’accordo rischia di vacillare.
Sul fronte del mercato e della competizione, questo patto apre scenari interessanti. OpenAI, in passato, ha già collaborato con altri fornitori hardware, ma un legame così stretto con AMD potrebbe indirizzare l’evoluzione delle architetture future verso soluzioni ottimizzate per quell’ecosistema. Anche per AMD è una scommessa: ottenere una posizione centrale come fornitore privilegiato di infrastruttura per l’intelligenza artificiale significa affermarsi contro rivali tradizionali nel settore dei chip, ma espone anche la compagnia a dipendenze e pressioni sui risultati.
In un senso più ampio, questa mossa riflette una tendenza che stiamo osservando nel mondo dell’AI: spostare il baricentro non soltanto sul miglioramento dei modelli, ma sull’espansione dell’infrastruttura che li sostiene. Le prestazioni dell’intelligenza artificiale sono direttamente vincolate alle risorse hardware disponibili: quantità, qualità e vicinanza alle aree d’uso fanno una grande differenza.