Immagina grandi cataste di dati — log, metriche, segnali di sensori — ammassati nei server delle aziende, un mare continuo e complicato da decifrare. In quell’oceano, le informazioni significative sono spesso nascoste. È un po’ come avere un discorso in codice, o una scrittura illeggibile. Splunk, azienda nota nel settore dell’analisi dei dati, desidera che l’intelligenza artificiale non si limiti soltanto a trattare testi o rispondere a domande, ma vada oltre: vogliono che sappia “leggere” i dati macchina, riconoscere pattern, anomalie, rapporti temporali.
Splunk ha in mente di lanciare un modello di intelligenza artificiale “fondamentale” (o foundation model) specificamente dedicato ai dati temporali (time series), che sarà reso disponibile su Hugging Face. L’obiettivo è chiaro: superare i limiti degli LLM (modelli linguistici di grandi dimensioni), che lavorano su sequenze discrete di token, e affrontare il mondo “fluido” dei dati macchina, dove il tempo, le interdipendenze, le correlazioni nascoste giocano un ruolo determinante.
Molte aziende, fra cui Google, Amazon, Salesforce, IBM, e la stessa Splunk, stanno esplorando modelli di base per dati macchina. Ma il punto cruciale è che questi dati non sono testi: sono flussi continui che racchiudono dipendenze temporali spesso estese. Un log può essere correlato a eventi molto lontani nel passato, una metrica può oscillare in modo non prevedibile, una variazione può essere indice di un guasto nascosto. In questo contesto, utilizzare modelli addestrati per il linguaggio naturale non è sufficiente: occorre un’architettura che capisca il tempo come dimensione intrinseca, non solo come sequenza di parole.
Se pensiamo al linguaggio, ogni parola è un’unità discreta: “cane”, “corre”, “veloce”, possono essere trattate come pezzi distinti. Ma nei dati macchina non ci sono “parole”: c’è un continuo, un flusso che deve essere segmentato, esplorato, intuito. È un salto di paradigma: non si tratta solo di “tradurre” i dati in forma testuale per farli digerire a un LLM, bensì di plasmare un modello che rispetti direttamente la natura temporale del dato.
Splunk punta a questo con il proprio modello foundation per time series: renderlo open, disponibile per chiunque (su piattaforme come Hugging Face), perché diventi un punto di riferimento per aziende che vogliono che l’IA non stia semplicemente “sopra” i loro dati, ma entri in profondità, ne coglie le dinamiche, le tensioni, le anomalie latenti.
Ma perché questa scommessa? Il valore sta nella possibilità di estrarre insight prima invisibili: riconoscere pattern emergenti, anticipare guasti, correlare eventi che altrimenti rimarrebbero scollegati fra loro. In un mondo in cui le infrastrutture digitali sono sempre più complesse, dove miliardi di dispositivi producono dati ininterrottamente, avere un modello che “legga” direttamente questi flussi può trasformare radicalmente la capacità di monitoraggio, prevenzione, ottimizzazione.
Quel che colpisce è la sfida implicita: non insegnare all’IA a leggere testo — dove esistono grammatica, sintassi, semantica evidente — ma insegnarle a “leggere” ciò che è frammentario, rumoroso, in continuo mutamento. È come addestrare qualcuno a decifrare il “linguaggio del ritmo” di una macchina elettrica, la pulsazione di un sistema, l’intensità improvvisa di un segnale.