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Il mondo dell’intelligenza artificiale è un caleidoscopio di innovazioni, ma ogni tanto qualcosa emerge che sembra scuotere le fondamenta del sapere stesso. Così accade ad ACL 2025, la conferenza di riferimento per il natural language processing, dove tra le paper più acclamate spicca un titolo che sembra sfidare la nostra idea di cosa significhi “fare ricerca”.

La protagonista non è una mente umana, bensì un agente AI chiamato Zochi, ideato da Intology. Il risultato? Un articolo che introduce Tempest, un framework in grado di trovare falle nella sicurezza dei modelli di linguaggio — attraverso semplici conversazioni. E i numeri parlano chiaro: un successo totale (100 %) con GPT-3.5-turbo e un quasi perfetto (97 %) con GPT-4, ponendo il lavoro tra l’8,2 % migliore delle submission ad ACL 2025.

La particolarità non è solo la performance, ma il suo autore: Zochi ha condotto autonomamente il lavoro di ricerca. La versione preliminare, battezzata Siege, era già stata accettata in un workshop della prestigiosa conferenza ICLR.

Cosa significa questo per il futuro della ricerca? È l’avverarsi di un sogno o un “Cursor moment”? La domanda dell’articolo — “Is it time for the Vibe Researcher to rise and shine?” — lascia intravedere una riflessione profonda. Così come lo strumento “Cursor” ha trasformato il coding generativo rendendolo fluido e normativo, forse ora una nuova “usan lock” sta per travolgere l’editoria scientifica, aprendola a forme di collaborazione tra umano e AI mai viste prima.

Immagina agenti di ricerca che, inviando prompt intelligenti e selezionando dati, generano ipotesi, analizzano esperimenti passati e strutturano ipotesi senza che uno studioso alzi un dito. Un modello come Zochi ci parla di automazione, sì, ma anche di un cambiamento culturale radicale: la ricerca intesa non più come performance individuale, ma come partnership tra intelligenze non-organiche e menti critiche.

E con una precisione così elevata, su compiti considerati delicati — trovare vulnerabilità, strutturare l’indagine, sviluppare metodologia — la soglia tra umano e macchina diventa sottile. Perché, se un agente AI può produrre risultati robusti autonomamente, cosa ne resta del ruolo del ricercatore, del revisore o del giornalista accademico?

Di Fantasy