Nel panorama tecnologico odierno, l’intelligenza artificiale (IA) rappresenta una delle innovazioni più discusse e promettenti. Tuttavia, accanto ai suoi indubbi progressi, emergono critiche riguardanti l’adozione indiscriminata di soluzioni IA presentate come panacee universali, spesso definite “olio di serpente” tecnologico.
Arvind Narayanan, professore di informatica all’Università di Princeton, ha recentemente espresso preoccupazioni in merito. In collaborazione con Sayash Kapoor, ex ingegnere di Facebook, ha pubblicato il libro “AI Snake Oil: What Artificial Intelligence Can and Cannot Do, and How to Tell the Difference”. L’opera, rapidamente salita tra i primi dieci nelle classifiche di vendita e raccomandata da numerosi media, analizza criticamente l’uso e l’abuso dell’IA nel contesto contemporaneo.
Il termine “olio di serpente” fa riferimento a prodotti venduti come rimedi miracolosi senza alcuna efficacia comprovata, una pratica diffusa nel XIX secolo. Narayanan e Kapoor utilizzano questa metafora per descrivere alcune applicazioni dell’IA che, pur presentandosi come soluzioni rivoluzionarie, mancano di reale sostanza o utilità.
Gli autori sottolineano come la confusione tra diverse tipologie di IA contribuisca a questa percezione distorta. Distinguono, ad esempio, tra l’IA generativa, responsabile della creazione di contenuti come testi o immagini, e l’IA predittiva, che analizza dati per identificare pattern e prevedere tendenze future. Mentre l’IA generativa è spesso al centro di dibattiti per la sua capacità di produrre deepfake o notizie false, l’IA predittiva è già integrata in molti aspetti della vita quotidiana, come gli algoritmi di raccomandazione di YouTube o Netflix.
Gli autori avvertono che l’uso indiscriminato del termine “IA” per descrivere tecnologie diverse può generare confusione, paragonandolo a definire indistintamente biciclette, automobili e navette spaziali come semplici “mezzi di trasporto”. Questa generalizzazione rischia di alimentare aspettative irrealistiche e di oscurare le reali potenzialità e limitazioni delle diverse applicazioni dell’IA.
Narayanan e Kapoor prevedono che, con il tempo, il termine “intelligenza artificiale” potrebbe perdere rilevanza man mano che queste tecnologie diventeranno parte integrante e accettata della quotidianità digitale. Una volta che una tecnologia è ben compresa e ampiamente adottata, tende a essere percepita come un elemento naturale dell’ambiente tecnologico, piuttosto che come una novità rivoluzionaria.
In conclusione, gli autori invitano a un approccio critico e informato verso l’adozione dell’IA, distinguendo tra soluzioni realmente efficaci e quelle che, pur presentandosi come innovative, non offrono benefici concreti. Questo discernimento è essenziale per evitare di cadere vittime di promesse infondate e per sfruttare al meglio le opportunità offerte dalle tecnologie emergenti.