Nel contesto odierno del marketing digitale, il Negative SEO si configura come un’arma astuta e insidiosa, capace di intaccare il posizionamento nei motori di ricerca attraverso tattiche illecite e manipolative. Questo articolo esplora la natura di tale minaccia, ne descrive le tecniche principali, analizza in dettaglio il clamoroso attacco subito dal sito Gaming.net tra il 2024 e il 2025 e presenta strategie concrete per difendersi efficacemente.
Il Negative SEO consiste in azioni maligne finalizzate a ridurre il ranking o la visibilità di un sito nei risultati di ricerca, violando le linee guida dei motori e danneggiando la reputazione del bersaglio. Secondo un recente approfondimento di Kinsta, fra le pratiche più comuni troviamo la costruzione di link spam, la creazione di PBN (private blog network), la generazione di recensioni false e persino la manipolazione del file robots.txt per deindicizzare contenuti. Gli attaccanti sfruttano questi strumenti non solo per scalzare concorrenti in nicchie competitive, ma anche per scopi di vendetta, ricatto o semplicemente per ottenere un vantaggio temporaneo sul mercato.
Il rischio è reale: nel caso di Gaming.net, l’attacco ha provocato un calo del traffico organico di circa il 90%, con pagine indicizzate riempite di contenuti non voluti e link tossici che hanno minato la fiducia di Google nel dominio.
Fra le tattiche più devastanti sperimentate da Gaming.net spicca l’iniezione di testo spam nei parametri di ricerca interni al sito. Gli attaccanti hanno costruito URL di ricerca contenenti parole chiave pornografiche, farmaceutiche e liste di contatti, che venivano poi indicizzate da Google come pagine reali.
Un’ondata di backlink di bassa qualità da directory estere, forum compromessi e siti a tema adulto ha conferito equity artificiale alle pagine di ricerca infette. Tali link, spesso con anchor text farmaceutico o del tutto irrilevanti, simulavano un link-building aggressivo e manipolativo, incorrendo in penalizzazioni algoritmiche. Per ripulire il profilo dei link, il team di Gaming.net ha dovuto disattivare interi cluster di domini abusivi tramite Google Search Console e strumenti di audit come quelli suggeriti da Backlinko
Oltre ai link, gli attaccanti hanno sfruttato query parameters malevoli (per esempio ?ref=spam o ?error=404) per generare pagine duplicate o sottili, intasando il crawl budget di Googlebot e ritardando l’indicizzazione dei contenuti legittimi. La mitigazione ha richiesto filtri server-side, sanitizzazione regex e direttive noindex per bloccare queste varianti
Con una tecnica particolarmente insidiosa, gli aggressori hanno generato feed RSS/XML malformati, aggiungendo spam keyword ai metadati delle viste /feed/. Questi feed, invisibili agli utenti ma crawlable, sono stati indicizzati come pagine vere, accentuando ulteriormente il danno reputazionale di Gaming.net.
I plugin di traduzione automatica hanno creato cartelle /zh-CN/, /ru/, ecc., che sono state sfruttate per generare pagine archive vuote con keywords spammose in lingue diverse, tutte indicizzate dai motori. La soluzione è consistita in redirect server-level e in regole noindex mirate.
Seppur non riscontrata in questo caso, la falsificazione di tag canonical o di direttive noindex può spostare l’autorità da un contenuto legittimo a domini di spam, degradando drasticamente il ranking.
Anche grandi marchi non sono immuni:
- J.C. Penney ha visto crollare le proprie posizioni dopo essere stata bombardata da migliaia di link da siti irrilevanti.
- Forbes ha dovuto affrontare un’ondata di spam backlinks che ha impattato il traffico organico.
Questi episodi dimostrano che la minaccia colpisce trasversalmente domini di ogni dimensione, dai portali di nicchia ai colossi editoriali.
Le strategie di difesa e recupero da attuare sono:
- Monitoraggio costante: controllare backlink e crawl errors con Google Search Console, Ahrefs o Moz.
- Disabilitare funzionalità non essenziali: spegnere RSS feeds pubblici e pagine di ricerca non critiche.
- Bloccare query abusive: utilizzare firewall, .htaccess e direttive server per intercettare pattern sospetti
- Limitare le superfici indicizzabili: applicare noindex a pagine di bassa qualità o dinamiche.
- Disattivazione e rimozione: segnalare i link tossici tramite lo strumento di disavow di Google Search Console.
- Audit e Red Teaming: simulare attacchi per individuare vulnerabilità e pattern sfruttabili.
Un approccio proattivo e multilivello, unito a una vigilanza tecnica continua, è cruciale per non restare alla mercé di aggressori sempre più sofisticati
Il Negative SEO non è un rischio teorico, ma una realtà concreta nel moderno ecosistema di ricerca. Il caso Gaming.net insegna che basta sfruttare funzionalità legittime del sito per infliggere danni severi alla reputazione e alle performance, con tempi di recupero prolungati. Tuttavia, contenuti di qualità rimangono la miglior difesa a lungo termine: continuare a produrre valore editoriale, affiancato da una solida igiene tecnica, permette di rinsaldare la fiducia dei motori di ricerca e di ripristinare gradualmente il posizionamento originale.