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In un mondo sempre più dominato dall’intelligenza artificiale, l’accesso ai dati è tutto. OpenAI, con la sua ambiziosa visione di creare un motore di ricerca tutto suo—di quelli che capiscono il linguaggio come lo fanno gli esseri umani—ha bussato alla porta di Google, uno dei colossi del settore. Eppure, la risposta è stata un deciso “no”.

Nel luglio 2024, OpenAI ha contattato Google per ottenere l’accesso ai dati dell’indice di ricerca, nella speranza di potenziare il suo progetto SearchGPT con informazioni aggiornate e affidabili. L’obiettivo era quello di accelerare lo sviluppo del proprio motore, fondato su risultati attuali e pertinenti, qualcosa che l’azienda riteneva cruciale per competere seriamente nel campo della ricerca AI‑based. Tuttavia, la proposta è stata respinta con fermezza da Google, che ha preferito non mettere a rischio il proprio vantaggio competitivo nel settore della ricerca.

Questa dinamica non è isolata. Si inserisce nel contesto più ampîo del processo antitrust contro Google, dove il Dipartimento di Giustizia statunitense sta valutando quale tipo di rimedi imporre per contrastare il dominio monopolistico del gigante. Tra le proposte più radicali c’è quella di separare Chrome da Google—una possibilità che OpenAI stessa ha ammesso di considerare con interesse.

Nick Turley, responsabile del prodotto presso OpenAI, ha testimoniato in tribunale che ottenere accesso all’API di ricerca di Google avrebbe permesso alla sua azienda di offrire un prodotto migliore, più tempestivo e valido per gli utenti. Tuttavia, Google ha categorizzato questa richiesta come una minaccia potenziale al proprio monopolio nella ricerca online.

Per OpenAI, il rifiuto di Google rappresenta un forte incentivo a costruire un’alternativa interna. Turley ha annunciato l’intenzione di sviluppare un proprio indice di ricerca, che si contava potesse coprire fino all’80 % delle ricerche entro la fine del 2025. Tuttavia, ora si attende che la scadenza venga posticipata di alcuni anni.

Dall’altra parte, Google mantiene saldamente le proprie difese, mostrando come, in un mercato dove la capacità di filtrare informazioni è diventata valuta, il controllo sull’accesso e sull’uso dei dati è una leva strategica cruciale.

Di Fantasy