In un’aula giudiziaria della California settentrionale, si è acceso un dibattito cruciale: l’accordo da 1,5 miliardi di dollari tra Anthropic, l’azienda AI, e un gruppo di autori, destinato a segnare una pietra miliare per il riconoscimento del copyright nel mondo dell’intelligenza artificiale, si trova ora sotto la lente di un giudice. Si sospetta che alcuni autori siano stati messi sotto pressione per accettare l’intesa, e il tribunale ha espresso dubbi sulla sua equità. La richiesta di far cadere il processo tramite l’approvazione dell’accordo è stata respinta, e una nuova udienza è già in vista.
L’accordo in questione prevedeva un compenso di circa 3000 dollari per libro ai rispettivi autori e case editrici: una cifra significativa, soprattutto se rapportata all’ambito delle rivendicazioni sui diritti digitali legati all’AI. Ma il giudice William Alsup ha sollevato sospetti: l’accordo appare “pieno di insidie” — come direbbe lui — e alimenta l’ipotesi che gruppi esterni, come le associazioni di autori e bibliotecari, abbiano fatto pressione sui singoli “dietro le quinte”, compromettendo la libertà delle scelte individuali.
La data da segnare sul calendario è il 25 settembre 2025, quando il tribunale tornerà ad analizzare se andare avanti con il processo oppure ratificare l’accordo extragiudiziario.
Il giudice ha richiamato l’attenzione su più aspetti: non basta affermare che l’accordo riconosca il copyright per considerarlo giusto. Occorre capire se i compensi siano proporzionati e trasparenti, e soprattutto chi ha avuto reali possibilità di opporsi o partecipare liberamente alla negoziazione. In più, uno dei punti più rilevanti è la quantità di materiale coinvolto: si parla di ben 465.000 libri usati senza licenza durante l’addestramento del modello AI di Anthropic. Il giudice ha chiesto rassicurazioni sul fatto che non si ripeterà un uso illecito in futuro.
Maria Pallante, CEO della American Association of Publishers, non ha digerito la posizione del giudice: per lei, le osservazioni dimostrano una scarsa comprensione dei meccanismi editoriali e delle dinamiche di un accordo collettivo. Ha avvertito che respingere l’intesa ora potrebbe generare anni di contenzioso, quando lo scopo di una class-action è esattamente quello di trovare una soluzione condivisa, non moltiplicare i conflitti.
D’altra parte, la sindacato degli autori ha espresso incredulità di fronte alle insinuazioni di pressioni occulte, ribadendo che il processo è stato condotto con trasparenza e nel pieno interesse degli autori.
È un momento cruciale nell’evoluzione delle normative sul copyright nell’era dell’AI. Da un lato, l’accordo rappresenta un tentativo – forse innovativo – di rendere giusta remunerazione a chi ha un ruolo centrale nel panorama intellettuale. Dall’altro, il giudice ci invita a riflettere: trasparenza, equità, partecipazione libera sono valori imprescindibili, soprattutto quando si gestiscono diritti collettivi e dinamiche complesse.