Nel mondo affollato e competitivo della Formula 1, ogni dettaglio può fare la differenza: un millimetro d’ala, una variante aerodinamica, una strategia di pit stop. Ma oggi, in un contesto dove la tecnologia entra sempre più nel vivo della competizione, McLaren sta puntando con decisione su un’arma che va oltre la pura meccanica: l’intelligenza artificiale (IA).
Che McLaren cerchi nuovi sponsor non è di per sé una novità: ogni stagione le scuderie devono garantire budget e fluido finanziamento. Ma l’aspetto che colpisce in questa fase è che molti dei nuovi partner richiamati sono legati all’innovazione tecnologica, ai dati, al digitale. Questo non è solo un segnale simbolico: denota che il team vuole affiancare ai tradizionali asset una forte dimensione tecnologica, in cui l’intelligenza artificiale non è più un supporto marginale, ma un asse strategico.
In pratica, McLaren sembra voler trasformare l’IA da sperimentazione interna a piattaforma condivisa con partner esterni, in cui sponsor, tecnologie, visione sportiva e analisi dati convergono. L’obiettivo è chiaro: chi investe nel team non deve solo vedere il proprio logo, ma partecipare all’evoluzione tecnologica che guida la scuderia verso la prossima frontiera del motorsport.
Spostiamoci nel “motore” dell’azione: l’IA in McLaren non è un’idea futura, ma già operativa in diversi ambiti. Un esempio noto è la collaborazione con Dell Technologies: McLaren equipaggia le sue monoposto di centinaia di sensori che raccolgono dati su temperatura, pressione, flussi d’aria, assetto, consumi e più. Questi dati scorrono in tempo reale verso il “pit wall” (la postazione strategica durante la gara) e verso i laboratori tecnici, dove gli strumenti IA elaborano scenari predittivi e supportano decisioni immediate.
Inoltre, l’IA viene usata nella simulazione aerodinamica, nella modellazione dei flussi d’aria, nella previsione dell’usura degli pneumatici e della resa delle componenti. In poche parole, dove una curva, un grammo di carico, o una reazione di frenata possono modificare un risultato, l’IA viene chiamata a calcolare l’“ottimale possibile”.
Un’ulteriore dimensione è la sicurezza digitale: McLaren ha stretto collaborazioni con specialisti di cybersecurity, come Darktrace, per proteggere la mole immensa di dati generati da ogni vettura e minimizzare il rischio di attacchi informatici che potrebbero compromettere strategie, software di bordo o comunicazioni sensibili.
E non è tutto: McLaren utilizza l’IA anche per l’engagement dei fan. Con piattaforme che aggregano dati demografici, preferenze, interazioni digitali, il team può offrire esperienze personalizzate ai tifosi — contenuti su misura, anticipazioni, interazione in tempo reale durante le gare.
Perché McLaren spinge così sull’IA? La risposta è nel vantaggio competitivo. In una gara, alcune decisioni vanno prese in frazioni di secondo: quando fare il pit stop, cambiare strategia, adattare assetti in corsa. Spesso le variabili — condizioni meteo, degrado gomma, posizioni degli avversari — cambiano di continuo. L’IA consente di elaborare scenari in tempo reale, stimare probabilità e suggerire la scelta più efficace, scongiurando l’errore o l’improvvisazione.
Ma non è solo in gara: anche nello sviluppo dell’auto, l’IA permette di accelerare i cicli di test e simulazione, fare iterazioni più rapide, esplorare configurazioni che altrimenti richiederebbero tempi troppo lunghi. In un’epoca in cui le regole tecniche spesso impongono limiti e vincoli (ore in galleria del vento, numero di prototipi da testare), riuscire a studiare più “ipotesi” con algoritmi intelligenti diventa decisivo.
Nel marketing, nel coinvolgimento dei fan e nei processi digitali, l’uso strategico dell’IA può trasformare una scuderia in un brand tecnologico: la fedeltà del tifoso si rafforza quando l’esperienza digitale è fluida, personalizzata, attiva.
Se l’obiettivo di McLaren è di “accelerare” non solo le gomme ma anche l’innovazione, allora questa virata verso l’intelligenza artificiale rappresenta non un semplice aggiornamento tecnico, ma un cambio di paradigma: la tecnologia non come strumento marginale, ma come cuore pulsante della scuderia.