Alla più recente edizione del Comic-Con di Los Angeles, un’immagine fuori dall’ordinario ha catturato l’attenzione dei fan della Marvel e degli appassionati di tecnologia: Stan Lee — il mitico creatore di Spider-Man, Iron Man, Hulk e tanti altri eroi — è tornato, almeno virtualmente. Sette anni dopo la sua scomparsa, il suo volto e la sua voce sono stati riportati in vita tramite un ologramma potenziato dall’intelligenza artificiale, con l’obiettivo dichiarato di “estendere la sua eredità” e offrire ai fan un’esperienza interattiva.
L’installazione — pensata come spettacolo immersivo in uno stand del Los Angeles Convention Center — è frutto di una collaborazione tra Proto Hologram (specializzata in tecnologie olografiche) e Hyperreal (società focalizzata su “esseri digitali” realistici).
Il “ritorno” di Stan Lee non è però un semplice effetto visivo: dietro all’avatar vi è un modello AI che “sa parlare” solo usando citazioni, interviste, scritti e frasi già pronunciate da Lee in vita. Secondo gli organizzatori, infatti, l’avatar non direbbe mai qualcosa che Lee non abbia già detto.
La forma con cui è stato presentato non è quella di un ologramma “fantasma che fluttua nel vuoto”, ma un avatar interattivo inserito in un’area protetta. I fan entravano in una cabina, potevano fare domande (o porre spunti di conversazione) e l’avatar rispondeva con la voce e con le “parole di Stan Lee”.
Durante il debutto, “Stan Lee” (attraverso l’avatar) ha espresso gratitudine per i fan, ha parlato della gioia delle convention e ha rimarcato come i fan siano stati una parte cruciale della sua carriera. Una frase tipica che ha pronunciato: «What I like about being at a comic convention is getting to meet all the amazing fans and hearing their stories about how Marvel has impacted their lives».
Ma non tutti hanno accolto la riproposizione con entusiasmo. In ambienti online, alcuni commentatori hanno definito la mossa “dystopian”, esprimendo perplessità su quanto sia opportuno “resuscitare” una figura pubblica tramite tecnologia, soprattutto quando non può più dare il suo consenso.
Inoltre, c’è chi ha rilevato una dissonanza tra le parole pronunciate dall’avatar e le posizioni reali che Lee aveva assunto in vita. Un esempio: all’avatar è stato chiesto degli X-Men e delle loro tematiche sociali, e la risposta fu una dichiarazione piuttosto diretta: “The X-Men’s struggles for equality and acceptance were indeed inspired by the Civil Rights movement.” Critici hanno osservato che questa non è una formulazione che Stan Lee utilizzava — e che in passato egli stesso aveva chiarito che certe implicazioni allegoriche erano interpretazioni successive del pubblico, non intenti originari.
Dietro alla realizzazione dell’avatar, gli ideatori hanno dichiarato di aver implementato “guardrails tecnici” affinché l’avatar non si discosti caratterialmente da Lee, ovvero che non inizi a parlare di temi fuori contesto (politica, marche, temi controversi) o con opinioni non attribuibili a lui.
Secondo alcune fonti, il modello AI è stato alimentato con interviste, comparsate in pubblico, i testi di Stan’s Soapbox e apparizioni registrate.
Non è la prima volta che la tecnologia “riporta in vita” figure celebri attraverso avatar, intelligenza artificiale o proiezioni digitali. Ma creare un “Stan Lee digitale” che possa interagire con il pubblico pone interrogativi nuovi su etica, diritto d’immagine e memoria. Quanto è lecito far parlare una persona che non può più verificare le parole pronunciate? Qual è il confine tra omaggio e sfruttamento postumo?
Nel mondo del fandom, queste domande rischiano di essere più concrete e dolorose. Stan Lee è sempre stato una figura di grandi contrasti: celebrato, ma anche al centro di contese sull’eredità della sua opera, sul suo ruolo nelle corporazioni, sulle condizioni in cui fu esposto negli ultimi anni di vita. Alcuni utenti su Reddit hanno menzionato come, in passato, Lee fosse stato coinvolto in controversie legali relative a firma di fumetti, gestione del suo patrimonio e “sfruttamento” della sua immagine da parte di manager e parenti.
Ciononostante, per molti fan la possibilità di porre una domanda, anche solo per qualche minuto, a un’entità che porta la sua voce è un’esperienza emozionante. È un ponte tra passato, presente e futuro: un modo di ricordarlo non semplicemente come memoria statica, ma come voce attiva nel panorama della cultura pop.
In ultima istanza, la “resurrezione digitale” di Stan Lee è una pietra miliare simbolica: segna quanto la tecnologia oggi possa scavare nel confine tra vita, eredità e rappresentazione. Il suo valore, però, dipenderà da come questa tecnologia sarà governata, regolata, limitata — e dal rispetto che sarà impresso nei limiti (“guardrails”) che decidiamo di porre.