In una tecnologia sempre più dominata dall’intelligenza artificiale, l’attenzione non è più solo su modelli potenti e dataset enormi, ma su come queste capacità possano essere integrate in modo fluido nel flusso di lavoro quotidiano. Ecco, allora, Google che lancia Gemini Enterprise, e AWS che risponde con Quick Suite. Queste due offerte rappresentano un tentativo deciso di trasformare l’IA da strumento “esterno” a parte integrante dell’ambiente aziendale.
L’idea di fondo è che gli utenti non vogliano dover aprire finestre separate o applicazioni esterne ogni volta che desiderano “parlare” con un agente AI: preferiscono che l’IA viva dove già lavorano, che abbia il contesto giusto — ossia, riconosca i dati, i documenti, le conversazioni che l’utente sta già utilizzando — e che non costringa l’utente a interrompere il flusso. Google e AWS investono proprio su questa visione integrata, sperando di trasformare il modo in cui le aziende usano l’intelligenza artificiale.
AWS ha già da tempo offerto strumenti come Bedrock, progettati per permettere alle aziende di costruire, testare e distribuire applicazioni basate su agenti intelligenti. Ma finora, questi rimanevano prevalentemente nel backend: bisogna creare l’app, passare da un ambiente all’altro, gestire l’integrazione da sé.
Con Quick Suite, AWS punta a cambiare il paradigma: questa nuova soluzione vuole essere l’interfaccia visibile e utilizzabile direttamente dagli utenti, un “punto di contatto” che non costringa a uscire dallo spazio lavoro. Funzionerà come estensione del browser (per Chrome e Firefox) e sarà integrabile in strumenti usati quotidianamente come Outlook, Word e Slack. L’obiettivo è dare accesso immediato ad agenti intelligenti, preservando privacy e contesto, e servendosi delle fonti dati aziendali.
Quick Suite non sarà un’unica funzione, ma un insieme di strumenti che chiama “servizi modulari” attivabili a piacere: un costruttore di agenti conversazionali (agent builder), un modulo per analisi e visualizzazione (Quick Sight), un modulo per ricerca e reportistica (Quick Research), uno per processi e flussi ripetitivi (Quick Flows) e uno per automazioni più complesse (Quick Automate). AWS sostiene che, sotto il cofano, queste funzioni opereranno orchestrando vari modelli fondamentali (foundation models) per offrire un’azione coerente e integrata.
Un punto chiave critico: Quick Suite è progettato per collegarsi ad altre piattaforme e fonti dati molto diffuse: Adobe Analytics, SharePoint, Snowflake, Google Drive, OneDrive, Outlook, Salesforce, ServiceNow, Slack, Databricks, Amazon S3 e Redshift. Inoltre, tramite server MCP, può “interrogare” anche strumenti come Atlassian, Asana, Box, Canva, PagerDuty, Workato e Zapier. L’idea è che praticamente ogni fonte dati che un’azienda già usa possa essere messa “in vista” dell’agente AI.
Dall’altra parte, Google non parte da zero: ha già messo insieme soluzioni AI aziendali più scollegate tra loro, ma con Gemini Enterprise tenta di ricondurre tutto sotto un’unica interfaccia coerente. Gemini — il motore AI — è la base, ma ora non sarà più confinato ai suoi “mondi”: può attingere a dati interni aziendali, connettersi a Google Workspace (Docs, Drive) ma anche a Microsoft 365 o piattaforme esterne come Salesforce.
L’ambizione è di offrire una “workbench no-code” — cioè un ambiente dove ogni utente, anche senza competenze di programmazione, possa scoprire informazioni, orchestrare agenti e automatizzare compiti. Ci sono agenti predefiniti per attività di ricerca approfondita, per generazione di insight, ma i clienti possono anche importare agenti propri o di terze parti. Un elemento fondamentale è il controllo: l’amministratore può gestire i processi, definire policy e supervisionare flussi tramite un framework visivo di governance.
Google ha già trovato clienti disposti a sperimentare: fra questi Macquarie Bank, Harvey (una società nel campo dell’IA legale) e Banco BV. Sul fronte dei costi, Gemini Enterprise è offerto in due edizioni — “standard” e “pulse” — con prezzo base a 30 USD per utente al mese; esiste anche un livello “Gemini Business” scontato (21 USD per utente al mese per un anno). Non tutte le soluzioni Google rimangono nel perimetro di Gemini: ad esempio, Vertex AI continua ad esistere come prodotto a sé.
La vera sfida non è più solo chi ha il modello più potente, ma chi riesce a offrire l’esperienza d’uso più fluida e integrata. Le aziende già oggi soffrono quando gli strumenti sono frammentati: cambi di finestra, perdita di “memoria contestuale”, passaggi manuali tra app. Se una persona deve interrompere quello che sta facendo per “chiamare” un agente AI esterno, quella frattura può essere sufficiente a scoraggiarne l’uso.
Google e AWS cercano di essere la piattaforma unificata: se un utente scrive un documento, l’agente sa cosa c’è dentro; se sta conversando in Slack, l’agente può intervenire lì; se vuole analizzare dati di vendita, l’agente ha già accesso al dataset aziendale. Il vantaggio per chi vincerà questa battaglia sarà enorme: diventare il “luogo” attraverso cui passano le richieste intelligenti di decine o centinaia di migliaia di dipendenti.
Eppure, non basta essere “simili” o “fare integrazioni”: i due giganti dovranno offrire qualcosa di distintivo, che non assomigli troppo a una versione evoluta di ChatGPT o un semplice clone. come si potrebbe avere la sensazione.
Il confronto è dunque appena cominciato. Le aziende guarderanno non solo alle capacità tecniche, ma alla facilità d’uso, alla sicurezza, al controllo dei dati, alle possibilità di personalizzazione e all’armonizzazione con gli ambienti già in uso. E, man mano che crescere l’utilità degli agenti AI, crescerà la pressione per chiamarli con un semplice “tap” all’interno degli strumenti di lavoro preferiti.