Immagine AI

Dopo aver rivoluzionato l’elaborazione del testo con ChatGPT e la creazione di immagini e video con Sora, il gigante tecnologico OpenAI punta ora a conquistare il mondo delle sette note. L’annuncio della sua incursione nel settore in rapida crescita della generazione musicale tramite AI non è un semplice lancio di prodotto, ma un vero e proprio terremoto destinato a rimodellare il mercato esistente e, cosa ancor più cruciale, a stabilire i parametri di riferimento per l’ardua questione del diritto d’autore nell’ambito sonoro. Per affrontare questa nuova e ambiziosa frontiera creativa, il colosso della Silicon Valley ha scelto di allearsi con una delle istituzioni più prestigiose e autorevoli del mondo musicale: la Juilliard School.

Il fulcro di questo ambizioso progetto risiede nello sviluppo di un modello di intelligenza artificiale capace di produrre composizioni musicali complete partendo da semplici prompt testuali o vocali. L’obiettivo va oltre le attuali capacità del settore, mirando a una sofisticazione che permetta all’utente di formulare richieste estremamente specifiche e dettagliate. Si potrà chiedere al sistema di “aggiungere un accompagnamento di chitarra acustica, con un’atmosfera malinconica, a questa traccia vocale registrata” oppure di “creare una colonna sonora d’azione, in stile synthwave anni ’80, perfetta per un video di cinque minuti”: l’AI si occuperà di orchestrare l’intera trama sonora in modo automatico. Un simile strumento, potente e accessibile, promette di sbloccare un potenziale commerciale enorme, trovando impiego immediato e su vasta scala in settori come la pubblicità, la cinematografia amatoriale e professionale e la creazione di contenuti digitali in generale.

Questa immersione nel suono si inserisce nella più ampia strategia di diversificazione di OpenAI, che mira a trasformare i suoi servizi in una piattaforma creativa onnicomprensiva in grado di abbracciare ogni forma di espressione. L’intento primario è duplice: sfruttare l’enorme base di utenti di ChatGPT, che conta centinaia di milioni di persone, per incrementare l’utilizzo della piattaforma e, al contempo, assicurarsi nuove e consistenti fonti di guadagno. Non è la prima volta che OpenAI si cimenta in questo campo; in passato aveva già presentato modelli notevoli come MuseNet (nel 2019) e Jukebox (nel 2020), anche se questi non sono mai stati pienamente integrati nelle attuali interfacce pubbliche. Il mercato, nel frattempo, non è rimasto inattivo: startup focalizzate esclusivamente sulla musica, come Suno e Udio, stanno già registrando una crescita esponenziale. Anche i giganti del settore tech sono in gioco: Google è un concorrente importante grazie al suo modello Lyria, già impiegato per assistere i clienti di Google Cloud nella produzione di musiche per spot e media commerciali.

Nonostante le grandi prospettive di innovazione, la strada verso il lancio è intralciata dal cruciale nodo legale del diritto d’autore. L’industria musicale è notoriamente una delle più sensibili in materia, e le reazioni alle tecnologie generative sono state immediate: l’Associazione Americana dell’Industria Discografica (RIAA) ha già intrapreso azioni legali per danni contro alcune delle principali startup di musica AI. OpenAI, memore delle controversie suscitate al lancio del suo modello video Sora, sta adottando un approccio decisamente più prudente, allontanandosi dalla filosofia del “lanciare prima, aggiustare dopo”. La collaborazione con Juilliard, che si concentra sull’annotazione e sulla preparazione meticolosa dei dati musicali, è un passo fondamentale per garantire una base etica e legale solida al training del modello. L’azienda sta inoltre implementando misure di salvaguardia, come limitare la capacità di ChatGPT di visualizzare interi testi di canzoni protette, fornendo al loro posto solo riassunti. La mossa più significativa, tuttavia, potrebbe essere la negoziazione di accordi di licenza con le principali major discografiche. Se tali accordi dovessero concretizzarsi, si profilerebbe un drastico ridimensionamento del principio del “Fair Use” (uso leale) nel campo della musica generata dall’AI, creando di fatto un sistema in cui l’accesso legale ai dati per l’addestramento e la generazione creativa sarebbe mediato e regolato da contratti e compensi prestabiliti. L’armonizzazione tra creatività algoritmica e rispetto della proprietà intellettuale rimane, quindi, la sfida più grande da superare prima che la sinfonia dell’Intelligenza Artificiale possa risuonare a pieno regime.

Di Fantasy