Un’amara verità sta emergendo con forza, specialmente nel dinamico ma fragile ecosistema delle startup: la carenza cronica di Unità di Elaborazione Grafica (GPU), i processori essenziali che alimentano l’addestramento dei modelli AI. A dare voce a questa frustrazione è stato Britton Winterrose, Direttore del Business Development Tecnologico per le Startup di Microsoft, il quale ha pubblicamente denunciato la situazione con un post sul social X (ex Twitter), definendo in modo colorito e drammatico la sua attività principale come una vera e propria “questua di GPU”.

Il commento di Winterrose, secondo cui “molti giorni sembra che il mio intero lavoro sia elemosinare GPU,” ha fatto il giro del settore tecnologico, rivelando una realtà brutale che persiste dal 2020 senza accennare a miglioramenti. Le sue parole smentiscono con forza ogni ipotesi di una “bolla AI”, sostenendo che la domanda di GPU è ancora esplosiva e che lo sviluppo e l’implementazione dei servizi AI continuano a crescere senza sosta. Questa incessante fame di potenza di calcolo ha innescato una competizione feroce in cui le grandi aziende, con la loro capacità di investire somme astronomiche, monopolizzano l’accesso ai chip più performanti, come quelli di NVIDIA.

Il risultato di questa sproporzione è che le startup, nonostante abbiano idee innovative e tecnologie promettenti, si trovano paralizzate. L’impossibilità di assicurarsi risorse di calcolo ad alte prestazioni impedisce loro non solo di addestrare i propri modelli AI in modo efficace, ma anche di mantenere attivi e competitivi i propri servizi. Winterrose, forte della sua esperienza di sette anni e della collaborazione con oltre cinquecento startup AI, nonché del suo ruolo di angel investor in circa quaranta di esse, ha enfatizzato la gravità della situazione: non è una questione di avidità, ma di sopravvivenza.

La critica di Winterrose non si è limitata a lamentare la carenza di offerta, ma ha puntato il dito anche sulla distribuzione dei preziosi chip, arrivando a chiamare in causa il CEO di NVIDIA, Jensen Huang. L’esecutivo di Microsoft ha criticato l’allocazione delle GPU a ciò che ha definito “minatori di Bitcoin casuali” – alcuni dei quali si maschererebbero da “data center di primo e secondo livello” – per le operazioni di mining di criptovalute.

Questo sfogo non è semplicemente un lamento personale o aziendale; esso illumina una crisi strutturale all’interno dell’ecosistema delle startup. Winterrose ha espresso il suo profondo rammarico nel vedere come idee e tecnologie estremamente promettenti vengano soffocate e costrette a fallire per la semplice mancanza di hardware. Egli ha ribadito l’urgente necessità di supportare i fondatori che, armati di visione, convinzione e tenacia, sono la vera forza trainante dell’innovazione AI.

In un settore dove il successo o il fallimento sono determinati dalla potenza di calcolo disponibile, la difficoltà di accesso alle GPU non è solo un problema logistico, ma un ostacolo etico e strategico che minaccia di concentrare il potere innovativo nelle mani di pochi giganti tecnologici. La denuncia di Winterrose, dunque, va oltre il singolo inconveniente e si configura come un appello drammatico all’intero settore, affinché si trovi una soluzione per evitare che la penuria di hardware soffochi il potenziale trasformativo delle piccole e agili realtà che alimentano il futuro dell’Intelligenza Artificiale.

Di Fantasy