Nella Silicon Valley, il luogo che più di ogni altro incarna il futuro e la rapidità dell’innovazione tecnologica, si materializza un paradosso degno di una narrazione distopica. Edifici maestosi, concepiti per ospitare la potenza di calcolo necessaria all’era dell’intelligenza artificiale, giacciono abbandonati, muti testimoni di un progresso che ha superato la sua stessa infrastruttura di base. A Santa Clara, in California, a pochi minuti di distanza dal quartier generale di NVIDIA e riconosciuta come il “centro dell’informatica basata sull’intelligenza artificiale”, due modernissimi data center sono rimasti vuoti per quasi sei anni, in uno stato di inattività forzata a causa di una singolare quanto critica carenza: la mancanza di energia elettrica sufficiente.
Si tratta del centro denominato “SJC37” di proprietà di Digital Realty e del campus “SVY02A” di Stack Infrastructure. Queste strutture, terminate e pronte all’uso, sono rimaste ferme dal 2019, trasformandosi in veri e propri “data center fantasma”. Erano state meticolosamente progettate per gestire una capacità energetica sbalorditiva, stimata a 48 megawatt (MW) per ciascuna, un requisito cruciale per alimentare i server e i sistemi di raffreddamento. Collettivamente, i due impianti richiederebbero una potenza complessiva di circa 100 MW, un carico che la rete elettrica locale non è semplicemente in grado di sostenere. La loro paralisi evidenzia drammaticamente il divario crescente tra l’inarrestabile espansione dell’infrastruttura di intelligenza artificiale e la capacità delle reti elettriche di tenere il passo.
Questo fenomeno non è soltanto una curiosità locale, ma un sintomo di una tensione sistemica che attraversa il settore tecnologico. La situazione di questi data center inattivi dà corpo alla recente, lapidaria dichiarazione di un gigante come Microsoft, che ha ammesso: “Abbiamo la GPU, ma non abbiamo abbastanza potenza per farla funzionare.” L’intelligenza artificiale, assetata di potenza di calcolo, spinge la domanda energetica a livelli esponenziali, lasciando indietro la lenta e costosa espansione delle infrastrutture di fornitura.
L’ente elettrico pubblico di Santa Clara, Silicon Valley Power (SVP), è consapevole della portata del problema e sta cercando di correre ai ripari. L’azienda ha avviato un imponente progetto di espansione della rete, con un investimento di 450 milioni di dollari, per poter soddisfare la domanda crescente in modo sostenibile. Questo piano include l’ampliamento delle linee di trasmissione e la costruzione di nuove sottostazioni, ma si prevede che l’intero progetto non sarà completato prima del 2028. Nel frattempo, la lista di attesa è lunga: SVP sta gestendo l’alimentazione per ben 57 data center già operativi o in fase di costruzione.
Nel tentativo di sbloccare la situazione, sia Digital Realty che Stack Infrastructure hanno espresso l’intenzione di collaborare con SVP per implementare un piano di fornitura energetica in fasi. Tuttavia, la soluzione sembra essere una corsa contro il tempo, e il problema non si limita alla California. La carenza di energia è una realtà anche in altre aree cruciali per l’infrastruttura digitale americana, come la Virginia settentrionale, il più grande hub di data center degli Stati Uniti, dove i ritardi nell’espansione della rete si misurano in anni. Anche nel Pacifico nord-occidentale e sud-orientale, assicurarsi una nuova capacità energetica richiede in media dai due ai cinque anni.
Il nocciolo della questione rimane l’impressionante divario di velocità: mentre i progressi nell’hardware e nel software dell’IA possono essere quasi istantanei, l’aggiornamento di un’infrastruttura elettrica complessa e obsoleta è un processo intrinsecamente lento e oneroso. È questo squilibrio strutturale che rischia di diffondere il fenomeno dei data center completati ma inattivi, o “fantasma”, ben oltre i confini della Silicon Valley, proiettando un’ombra di inerzia su quella che dovrebbe essere l’era più dinamica della storia tecnologica statunitense.