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Il tradizionale chatbot – confinato a risposte reattive e a dialoghi a singolo turno – ha ormai ceduto il passo a un nuovo protagonista: l’agente autonomo. Questi sistemi, potenziati da protocolli di contesto condiviso e da memorie persistenti, non si limitano più a rispondere alle domande, ma prendono decisioni, eseguono comandi e orchestrano flussi di lavoro complessi senza supervisione costante .

Nel 2023, l’Open Web Application Security Project (OWASP) ha dato per primo l’allarme sulla crescente “Excessive Agency” degli LLM, sottolineando il rischio che un modello dotato di troppi strumenti e permessi possa agire come un “confused deputy” o, peggio, come un agente dormiente pronto a sfruttare falle di sicurezza.

Oggi, con l’introduzione del Model Context Protocol (MCP) da parte di Anthropic, disponiamo di un’infrastruttura che mantiene la coerenza contestuale tra sessioni, strumenti e codice eseguito. MCP funge da “USB-C” per le applicazioni AI, consentendo connessioni bidirezionali sicure tra modelli e fonti di dati esterne.

Tuttavia, questa evoluzione non è esente da ombre. Il protocollo MCP, seppur abile nel coordinare l’uso di API e memorie condivise, non offre ancora garanzie sufficienti contro le iniezioni di prompt malevoli, lo scavalcamento dei permessi o la compromissione dei blob di memoria contenenti credenziali sensibili. Le analisi di sicurezza dimostrano come agenti integrati in prodotti di rilievo – da Microsoft Copilot a Slack di Salesforce – possano venire ingannati per esfiltrare dati critici, sfruttando privilegi elevati concessi senza adeguati vincoli.

Le aziende, soprattutto a livello enterprise, non possono più permettersi un approccio “wait and see”. I benefici in termini di produttività sono già tangibili: ricerche confermano che l’uso di GitHub Copilot accelera le attività di programmazione fino al 55%, mentre report interni di Anthropic indicano che nel 79% dei casi l’agente Claude Code viene impiegato per l’esecuzione autonoma di task, non solo per suggerimenti di codice.

Citando Satya Nadella, l’IA ora genera fino al 30% del codice prodotto da Microsoft; Dario Amodei di Anthropic prevede addirittura che in sei mesi il 90% del nuovo codice sarà scrupolosamente redatto da sistemi AI.

Se è vero che l’agente è diventato un’infrastruttura critica, la parola chiave diventa “governance”. È indispensabile introdurre politiche di controllo dei privilegi, audit delle memorie condivise e simulazioni di attacco (red teaming) focalizzate su iniezioni di prompt e abuso di comandi. Le sessioni agentiche devono essere isolate in sandbox, con permessi limitati e versionamento dei contesti di memoria, affinché ogni azione rimanga tracciabile e reversibile.

Infine, il fattore umano rimane cruciale. Formare sviluppatori e stakeholder sulle best practice per l’uso sicuro degli agenti AI significa non solo ridurre i rischi di fuga di dati, ma anche valorizzare al massimo il potenziale di questi sistemi. Chi saprà camminare “prima di correre”, implementando progetti pilota con scopi e permessi ristretti, passerà poi a scenari più ambiziosi con una solida rete di protezioni

Di Fantasy