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Con l’acquisizione della giovane startup Bee, Amazon si prepara a un rientro trionfale nel mercato dei dispositivi indossabili. Bee aveva già attirato l’attenzione con il suo braccialetto Pioneer, capace di registrare automaticamente le conversazioni quotidiane e trasformarle in promemoria, to‑do list e riepiloghi vocali. A meno di tre anni dal debutto, il progetto è stato acquistato per meno di 200 milioni di dollari, un prezzo che molti analisti ritengono un vero affare per le ambizioni della casa di Seattle.

Il wearable di Bee, basato su microfoni direzionali e algoritmi on‑device per la trascrizione, si differenzia per la sua attenzione alla privacy: i file audio vengono processati localmente e solo in caso di attivazione esplicita dall’utente. Amazon intende integrare queste funzioni nel suo ecosistema Alexa, permettendo ai clienti di richiamare frasi chiave, traduzioni e riepiloghi direttamente dal cloud, ma anche di sfruttare l’ampia piattaforma di skills già esistente.

Dietro l’operazione c’è la convinzione che il mercato dei wearable AI sia destinato a esplodere nei prossimi due anni, con competitor agguerriti come Apple, Meta e Google, tutti impegnati a trovare il “killer use case” che giustifichi un acquisto dedicato. L’esperienza negativa del progetto Halo di Amazon, chiuso nel 2023 dopo scarsi risultati di vendita, offre però una lezione: il successo non sta nel portare app mobili su un cinturino, ma nel creare un dispositivo che aggiunga reale valore al quotidiano, semplificando la vita e offrendo funzioni uniche, impossibili da replicare con uno smartphone.

Di Fantasy