La scorsa settimana, oltre 8.000 autori pubblicati hanno unito le forze per scrivere una lettera aperta indirizzata ai fondatori delle piattaforme di intelligenza artificiale generativa. Questa lettera è stata inviata ai CEO di tutte le grandi aziende tecnologiche, con l’obiettivo di chiedere un equo compenso per l’utilizzo delle loro opere protette da copyright nell’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale.

Questo dibattito rappresenta un altro problema relativo alla proprietà intellettuale che sta affliggendo lo sviluppo dell’IA. In un altro caso di particolare interesse, un giudice distrettuale degli Stati Uniti per il distretto settentrionale della California ha respinto gran parte delle cause intentate da un gruppo di artisti, richiedendo ulteriori prove sulla presunta violazione del copyright riguardante il codice sorgente di Stability AI.

Il cuore del problema risiede nella definizione del copyright e nel modo in cui si applica all’IA generativa. La professoressa Pamela Samuelson, una stimata studiosa di diritto e informazione presso l’Università di Berkeley, solleva tre domande fondamentali. Primo, se la creazione di copie di opere a scopo di addestramento dei sistemi di IA generativa costituisce una violazione del diritto d’autore. Secondo, quando gli output generati dall’intelligenza artificiale violano le opere derivate e, di conseguenza, chi detiene i diritti d’autore su tali output di programmi informatici? Infine, chi, se qualcuno, possiede attualmente i diritti d’autore su questi output?

Queste domande affrontano le complessità legali ed etiche che circondano l’IA generativa, mettendo in discussione i diritti dei creatori originali e l’ampio campo delle innovazioni guidate dall’IA.

In passato, con l’avvento di nuove tecnologie, c’è sempre stata una massiccia revisione delle leggi sul copyright. Nel caso dell’IA generativa, alcuni sostengono che la scansione e l’utilizzo di opere protette da copyright per l’addestramento costituiscano “fair use”, basandosi su precedenti giudizi, come quello del caso Field contro Google, in cui i motori di ricerca hanno ottenuto il permesso di copiare contenuti Internet protetti per indicizzare i risultati delle ricerche.

Tuttavia, gli autori della lettera aperta ritengono che ci sia una netta distinzione tra consentire agli utenti di trovare opere dei proprietari del copyright e l’utilizzo delle stesse opere come dati di addestramento per creare nuovi contenuti attraverso l’IA generativa. Secondo loro, queste opere accuratamente curate rappresentano la materia prima fondamentale per le creazioni dell’IA e dovrebbero essere compensate adeguatamente.

La legge sul copyright si concentra tradizionalmente sulla protezione dell’espressione originale di un’opera. Tuttavia, gli autori della lettera sostengono che l’ingestione delle opere come dati di addestramento è da considerarsi più come una materia prima per usi computazionali, piuttosto che un’interpretazione dell’espressione dell’opera stessa. Pertanto, ciò dovrebbe essere tenuto in considerazione nel dibattito sul fair use.

L’IA generativa consente la creazione di nuove opere e il fine costituzionale del diritto d’autore è quello di promuovere il progresso della scienza e delle arti utili. Alcuni sostengono che l’IA generativa favorisca tale progresso e che il fair use sia un’opzione per consentire nuove creazioni, ma bisogna valutare attentamente se l’uso delle opere come dati di addestramento rientri nel fair use o meno.

A livello internazionale, ci sono diverse posizioni riguardo a questa problematica. Giappone, Israele e Germania hanno adottato diverse politiche riguardo all’utilizzo di opere protette da copyright per l’addestramento di modelli di IA. Allo stesso tempo, l’Unione Europea richiede alle aziende che utilizzano strumenti di IA generativa di divulgare qualsiasi materiale protetto da copyright utilizzato nello sviluppo dei loro sistemi.

In conclusione, il dibattito sulla violazione del copyright nell’IA generativa è complesso e presenta varie sfaccettature. Gli autori della lettera aperta sostengono la necessità di un equo compenso per l’utilizzo delle loro opere protette, poiché queste costituiscono la base per la produzione di contenuti di intelligenza artificiale. Tuttavia, la questione è ancora oggetto di discussione e richiede una riflessione approfondita per trovare soluzioni etiche ed equilibrate per tutte le parti coinvolte.

Di Fantasy