A Torino, durante la manifestazione Buonissima 2025, si è svolto un curioso e affascinante evento che ha messo in scena molto più di una semplice gara culinaria: in un angolo elegante della città piemontese, lo chef Massimiliano Brunetto, del ristorante Le Vitel Etonné, ha sfidato un robot dal nome simpatico, Pepper, dotato di intelligenza artificiale, nella preparazione del vitello tonnato, piatto simbolo della tradizione piemontese.
La scena era davvero suggestiva: la sala perfetta per l’occasione, l’atmosfera tecnologica che si mescolava con quella di una cucina che sa di memoria e territorio. Da un lato lo chef Brunetto che lavorava con mano esperta, ingredienti selezionati e sensibilità gustativa radicata nella tradizione. Dall’altro, Pepper il robot-chef, programmato dal Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino, che ha interpretato la ricetta ideata dallo chef Matteo Baronetto proponendo, per la versione “robotica”, una variazione che aggiungeva nocciole, pomodori secchi e senape al piatto classico.
La gara, come nella migliore delle occasioni, si è giocata anche sull’imprevedibilità: i partecipanti alla degustazione hanno assaggiato i due piatti al buio, senza sapere chi fosse il creatore umano e chi quello artificiale. Quando è stato il momento del voto, il pubblico ha assegnato la vittoria alla versione classica dello chef Brunetto, con 27 voti contro i 18 del robot Pepper.
Ma al di là del risultato, ciò che conta è il significato profondo dell’evento. Non si trattava soltanto di “uomo contro macchina” o di una provocazione tecnologica fine a sé stessa. Gli organizzatori — tra cui l’Associazione Orticola Piemonte e la Fondazione Fondazione Compagnia di San Paolo — hanno voluto stimolare una riflessione: come si inserisce l’intelligenza artificiale nel mondo dell’enogastronomia? Può la macchina collaborare con lo chef, diventare uno strumento creativo, un supporto alla sperimentazione, senza sostituire la sensibilità, l’esperienza, “il gusto” dell’essere umano?
In questo contesto, la cucina è diventata metafora e laboratorio: la ricetta del vitello tonnato — che peraltro appartiene alla memoria gastronomica del Piemonte — funge da terreno di confronto tra la manualità esperta di chi conosce gli ingredienti, i tempi, la storia del piatto e l’algoritmo che, pur con una sua logica, arricchisce, varia, sperimenta. L’evento suggerisce che non sia tanto il “robot vincente” il messaggio da cogliere, quanto la convivenza possibile tra umano e tecnologico, tra tradizione e innovazione, tra sapore radicato e proposta differente.
