Immagina che, ogni mattina, ti arrivi un piccolo pacchetto digitale: notizie, idee, aggiornamenti, spunti utili elaborati apposta per te, basati su ciò che hai chiesto nei giorni precedenti, sulle tue attività – e magari anche sul tuo calendario. Non devi aprire finestre, non devi pensare “cosa mi serve oggi?”. Un assistente invisibile, silenzioso, ha già fatto il lavoro preparatorio per te.
Questo è l’idea alla base di ChatGPT Pulse, presentato da OpenAI come un’evoluzione del rapporto che abbiamo con gli assistenti AI: da strumenti reattivi, che attendono il tuo comando, a forme più “ambient” e proattive di intelligenza artificiale.
Fino a oggi, ogni interazione con ChatGPT ha avuto una dinamica simile: tu chiedi, ChatGPT risponde. È un meccanismo potente, ma ha un limite insito: dipende sempre e soltanto da te. L’innovazione che Pulse vuole introdurre è nel cambiare questa dinamica: ChatGPT inizia a pensare per te, compiendo ricerche notturne, sintetizzando ciò che potrebbe esserti utile, anticipando argomenti.
Ogni notte, Pulse elabora elementi estratti dalla memoria dell’IA, dalla cronologia delle chat e dal feedback che gli hai dato in passato. Poi, al mattino, ti presenta una serie di “schede visive” — card tematiche — che puoi scorrere rapidamente o approfondire.
Se hai collegato il calendario o la posta (opzione disattivata di default, e che puoi attivare solo se vuoi), Pulse può elaborare suggerimenti contestuali: bozze di agenda, promemoria per compleanni, raccomandazioni sui ristoranti se hai un incontro in una città nuova, e così via.
Non è che un piccolo assistente case-based, ma è il primo mattone: l’idea è che, col tempo, l’IA non resti più in attesa della tua domanda, ma ti affianchi, suggerisca e svolga compiti in autonomia — sempre sotto la tua guida.
Pulse è ancora in anteprima (preview), disponibile per ora solo agli utenti Pro, su dispositivi mobili. L’obiettivo dichiarato è migliorare l’esperienza utente, raccogliere feedback, “allenare” il sistema prima di metterlo a disposizione di tutti.
Ma questa autonomia porta con sé complessità: quanto è invasiva l’iniziativa? C’è il rischio che suggerimenti o ricerche siano poco pertinenti, che l’IA interpreti male segnali o faccia ipotesi sballate. OpenAI lo sa, e ha inserito meccanismi di controllo: le schede proposte vengono filtrate da controlli di sicurezza per evitare contenuti dannosi.
Inoltre, l’utente mantiene il potere di “curare” Pulse: può indicare ciò che vorrebbe vedere, dare feedback (con semplici pollici su/giù), cancellare la cronologia di feedback, e modificare le connessioni con le app.
OpenAI
È un equilibrio delicato: dare all’IA abbastanza input per diventare utile, senza farla diventare un intruso che agisce oltre il tuo controllo.
Pulse appare come un esperimento, un primo passo verso un modello in cui gli agenti AI siano più ambienti, cioè sempre presenti, sempre che operano “dietro le quinte”. Nel panorama tecnologico attuale, si parla già di “ambient agents”: sistemi che ascoltano, monitorano contesti, attuano compiti, apprendono e reagiscono senza che l’utente debba esplicitamente chiedere ogni volta.
OpenAI, attraverso Pulse, sta sondando questo territorio. Se l’esperimento avrà successo, potremmo vedere agenti sempre più capaci – non solo di suggerire letture, ma di integrare flussi di lavoro, proporre decisioni, anticipare problemi.
In ambito aziendale, questo approccio può avere implicazioni forti: pensa a un assistente AI che conosca obiettivi, progetti in corso, vincoli e che proponga, ad esempio, una scaletta per un nuovo progetto, che rilevi incongruenze tra piani e dati reali, che generi report anticipati o suggerimenti operativi. Pulse è ancora limitato, ma il concetto è quello.
Pulse non è perfetto — non lo pretende — ma è un tentativo di ridefinire come interagiamo con l’intelligenza artificiale. È l’idea di un AI non solo su richiesta, ma in “background”, capace di anticipare. È un cambiamento sottile ma potente nel rapporto umano-macchina.
Per alcuni sarà utile, per altri magari invadente; per ora vedremo come reagiranno gli utenti, quali miglioramenti arriveranno, quanto saprà “leggere” i segnali giusti e adattarsi senza essere insopportabile.