La startup canadese di intelligenza artificiale Cohere è stata recentemente citata in giudizio da un consorzio di importanti editori, tra cui Condé Nast, The Atlantic, Forbes, The Guardian, Insider, Los Angeles Times, Politico, Toronto Star e Vox. Gli editori accusano Cohere di aver utilizzato senza autorizzazione almeno 4.000 articoli protetti da copyright per addestrare i suoi modelli di linguaggio AI, esponendo porzioni significative o interi articoli agli utenti e bypassando i siti web degli editori.
Secondo la denuncia, Cohere avrebbe estratto copie degli articoli da internet senza permesso o compenso, utilizzandole per alimentare i suoi servizi di intelligenza artificiale. Inoltre, l’azienda è accusata di “fabbricare” articoli falsi attribuiti erroneamente agli editori, ingannando il pubblico e danneggiando i marchi coinvolti.
In risposta alle accuse, un portavoce di Cohere ha dichiarato che la società è fermamente convinta della correttezza del proprio approccio e considera la causa “fuorviante e priva di fondamento”. Ha inoltre sottolineato che Cohere ha sempre adottato misure per ridurre il rischio di violazioni della proprietà intellettuale e avrebbe preferito affrontare le preoccupazioni degli editori attraverso un dialogo diretto, piuttosto che apprenderle tramite un procedimento giudiziario.
Questa causa si inserisce in un contesto più ampio di dispute legali tra aziende di intelligenza artificiale e detentori di diritti sui contenuti. Alcuni attori del settore, come OpenAI, hanno optato per accordi di licenza con gli editori per prevenire conflitti e consolidare la propria posizione, mentre altri continuano a difendere il loro operato invocando il principio del fair use.