L’idea che un’intelligenza artificiale possa guardare nel nostro futuro medico è affascinante, quasi fantascientifica — eppure, oggi è una realtà che comincia a farsi strada. Il modello chiamato Delphi-2M è un sistema AI progettato per stimare il rischio e persino il momento in cui potrebbero manifestarsi oltre mille malattie durante la vita di una persona. Questo approccio apre nuove frontiere nella medicina preventiva, ma solleva anche questioni complesse di affidabilità, bias e responsabilità etica.
Immagina di poter sapere, con qualche margine di probabilità, se tra dieci o venti anni potresti sviluppare diabete, malattie cardiovascolari, cancro o altre patologie, ben prima che compaiano i primi sintomi. E non solo per una malattia, ma per un panorama completo di possibili condizioni, relazionate tra loro. Questo è lo scopo di Delphi-2M: tracciare un profilo sanitario predittivo, un vero e proprio orizzonte di salute personalizzato.
Per capire come si arriva a tanto, occorre partire dal modo in cui l’IA tradizionale ha fatto progressi nella previsione medica. Fino a poco tempo fa, i medici utilizzavano modelli semplici, calcolatori di rischio (come il famoso Framingham Risk Score) che considerano pochi fattori — età, pressione, colesterolo — e stimano il rischio di una singola malattia nel tempo. Sono strumenti utili, ma limitati: non riescono a cogliere come le malattie influenzino reciprocamente il decorso di salute di un individuo, né a prevedere scenari complessi su decenni.
Delphi-2M invece adotta un approccio completamente diverso: considera la sequenza temporale dei dati sanitari come un flusso continuo, non come eventi isolati. In altre parole, valuta come le condizioni emergono, evolvono e interagiscono l’una con l’altra nel tempo. Per far questo, è stato addestrato su grandi dataset: il “UK Biobank”, che include dati genetici e clinici di circa 403.000 partecipanti, e un vasto archivio di cartelle cliniche anonime danesi con quasi 1,9 milioni di soggetti. Grazie a queste basi, il modello apprende schemi profondi che trascendono il semplice calcolo di rischio individuale.
Quando Delphi-2M analizza un profilo — età, sesso, indice di massa corporea, abitudini come fumo e consumo di alcol — non fa una previsione statica, ma simula “cosa potrebbe accadere”, quali malattie potrebbero emergere, e in che sequenza temporale. In alcuni test ha mostrato performance comparabili o superiori ai modelli tradizionali per malattie croniche ben studiate — come quelle cardiovascolari, diabete, alcune forme di cancro — e, per quanto riguarda la previsione della mortalità, ha raggiunto un’accuratezza sorprendente (AUC circa 0,97). In altri casi, però, per eventi rari o imprevisti — infezioni improvvise, traumi — la previsione rimane incerta, proprio perché sfida le leggi della probabilità. Quel che emerge è chiaro: più un’espressione patologica ha uno schema riconoscibile e si sviluppa gradualmente, maggiore è la capacità dell’IA di “vederla” arrivare in anticipo.
Un elemento ormai fondamentale nel campo dell’IA medica è la generalizzazione: un modello non può essere utile se “serve solo” il centro dati su cui è stato addestrato. Delphi-2M è stato testato su dati danesi (molto diversi da quelli britannici) e ha mantenuto prestazioni stabili, suggerendo che possa essere trasferito — con attenzione — anche ad altri sistemi sanitari. Inoltre, una delle innovazioni più interessanti è la generazione di dati sintetici: il modello può produrre record medici “simulati” che riflettono pattern reali, senza esporre dati personali. In questo modo, gli studiosi possono esplorare le relazioni tra malattie su larga scala, disegnare studi “in silico” e calibrare politiche sanitarie, nel rispetto della privacy.
Tuttavia, ogni grande potenziale porta con sé limiti e responsabilità. Delphi-2M non spiega il “perché”: coglie correlazioni statistiche tra variabili, ma non ha una comprensione causale delle malattie. Questo significa che il modello può segnalare una probabilità elevata, ma non dire con certezza se, come o perché una persona svilupperà quella patologia. Un’altra frontiera delicata è il bias: molti dataset sanitari sono sbilanciati. Il Biobank britannico, ad esempio, contiene prevalentemente soggetti di mezza età, con redditi medio-alti e gruppi etnici mai o poco rappresentati. Ciò può far sì che le previsioni per categorie demografiche meno presenti nel training siano meno affidabili — e rischiano di codificare disuguaglianze già esistenti.
Poi c’è la questione della trasparenza: modelli di tipo “black box” — come spesso avvengono con reti neurali complesse — sono difficili da interpretare. Alcuni strumenti, come mappe di attenzione o valori SHAP, aiutano a “illuminare” parti delle decisioni, ma non sempre con sufficiente chiarezza per un uso clinico. E proprio qui entra in gioco un principio centrale: l’IA, per quanto sofisticata, non deve sostituirsi al medico. Deve essere uno strumento di supporto, una lente aggiuntiva che arricchisce ma non sostituisce il giudizio clinico.
Infine, la dimensione etica è inevitabile. Se una persona riceve una previsione con alta probabilità di sviluppare una malattia grave nei prossimi anni, che conseguenze psicologiche può avere? Come gestire quella informazione? E in che modo prevenire che aziende sanitarie, assicurazioni o governi usino tali dati in modo discriminatorio? Anche il tema privacy è cruciale: benché i dati sintetici riducano i rischi, c’è il pericolo che modelli complessi possano essere “invertiti” e ricavare informazioni personali. Serve un’infrastruttura robusta di governance, consenso informato, audit e trasparenza sui dati usati.
Delphi-2M ha grandi potenzialità: permettere stili di vita più consapevoli, pianificare risorse sanitarie in anticipo, accelerare la scoperta medica senza sacrificare la privacy. Ma non possiamo abbandonarci all’entusiasmo: è fondamentale riconoscere che stiamo lavorando con probabilità, non destini certi, che il modello deve essere continuamente validato e aggiornato e che ogni passo deve essere guidato da vigilanza etica e trasparenza. In breve, Delphi-2M non predice il destino, ma ci offre una lente preziosa con cui guardare il cammino della salute, se sapremo usarla con cautela e responsabilità.