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Recentemente è emerso che Google ha adottato una strategia decisamente controversa: i siti web che non forniscono i propri dati per l’addestramento dell’intelligenza artificiale (IA) vengono esclusi dai risultati della ricerca. Questa scelta è stata annunciata in concomitanza con il lancio improvviso della cosiddetta “modalità AI”, una nuova funzione che integra l’intelligenza artificiale nella ricerca Google.

Secondo un reportage di Bloomberg, datato 20 maggio, Google utilizza contenuti provenienti da editori e media per alimentare questa funzione di ricerca basata sull’IA senza aver mai chiesto un consenso preventivo ai proprietari dei contenuti. La scoperta è emersa attraverso documenti interni resi pubblici nell’ambito della causa antitrust avviata dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti contro Google per presunto abuso di posizione dominante nel mercato della ricerca online.

In pratica, Google non offre agli editori un’opzione specifica per impedire che i propri contenuti vengano utilizzati nell’addestramento dell’IA. L’azienda ha deciso che chi non vuole vedere i propri contenuti sfruttati da questa tecnologia può solo scegliere di essere completamente escluso dai risultati di ricerca. Non è prevista una via di mezzo: o si accetta l’utilizzo dei dati o si scompare dalla ricerca Google, un meccanismo che, considerando che Google detiene oltre il 90% del mercato globale delle ricerche, pone i siti web in una posizione estremamente svantaggiata.

Google aveva considerato l’idea di chiedere un consenso esplicito ai singoli siti prima di usare i loro contenuti, ma ha deciso di scartare questa soluzione perché, secondo l’azienda, sarebbe troppo complicato gestire un numero così elevato di richieste e ciò avrebbe rallentato e reso difficile l’addestramento del modello di intelligenza artificiale.

Le conseguenze di questa scelta si fanno sentire soprattutto sul traffico dei siti web. Alcuni osservatori segnalano che l’introduzione della “modalità AI” ha comportato una diminuzione significativa dei clic sui link tradizionali, penalizzando soprattutto quei siti che si basano sugli introiti pubblicitari e sulle vendite generate dal traffico di ricerca.

Il 20 maggio, durante l’evento annuale Google I/O, l’azienda ha annunciato che questa modalità di ricerca in stile chat sarà estesa a tutto il territorio degli Stati Uniti. Questo cambiamento di interfaccia, che punta a fornire risposte sintetiche e dirette tramite l’IA, rischia di ridurre ulteriormente la quantità di clic ai siti web, accentuando la perdita di traffico.

In risposta, la News/Media Alliance, che rappresenta i principali organi di informazione statunitensi, ha espresso una dura condanna nei confronti di Google. In una dichiarazione pubblicata il 21 maggio, l’organizzazione ha definito questa strategia “un furto delle entrate dei media”, sottolineando che i link provenienti dai risultati di ricerca erano per gli editori una delle ultime fonti di guadagno, ora sottratte da Google senza compenso.

Daniel Coffey, CEO della News/Media Alliance, ha dichiarato con fermezza: “Questa è una vera e propria appropriazione indebita. Il governo degli Stati Uniti deve intervenire con misure concrete per porre fine al monopolio che Google esercita su Internet.”

Questa situazione apre dunque un dibattito intenso sulle pratiche di Google e sulle conseguenze economiche e di mercato che l’espansione dell’intelligenza artificiale potrebbe comportare per gli editori e per l’intero ecosistema della ricerca online.

Di Fantasy