Nel mondo aziendale dove ogni dipartimento, dall’IT al marketing, è sotto pressione per produrre di più con meno, Google fa una mossa audace: lancia Gemini Enterprise, un’offerta che promette di mettere agenti intelligenti al servizio dei compiti quotidiani con un costo d’ingresso sorprendentemente basso — circa 30 $ al mese per licenza. L’idea è chiara: trasformare l’IA da strumento sperimentale in infrastruttura operativa stabile, integrata nei processi aziendali, pronta a collaborare con i dipendenti e ad automatizzare attività complesse.
Alla base dell’offerta c’è il concetto che non basta dare ai lavoratori degli strumenti “intelligenti”: bisogna dare loro un ecosistema coerente, che connette dati aziendali, applicazioni, sistemi esistenti e agenti preconfigurati. Gemini Enterprise ambisce a essere proprio questo “new front door” per l’IA nel luogo di lavoro, dove l’utente non deve saltare da un tool all’altro, ma può interagire con i suoi documenti, con i sistemi aziendali (da Workspace a Microsoft 365, a Salesforce o SAP), e possono essere generati agenti che agiscono sulla base di quel contesto unificato.
Un aspetto che spicca fin da subito è la presenza di agenti già pronti: Deep Research, NotebookLM, agenti per il coding, bot di supporto clienti. Non si parte da zero, quindi, ma con un paniere di funzionalità che possono essere adattate e combinate. Le aziende, a loro volta, possono costruire “workflow agentici” che attraversano domini diversi — marketing, vendite, assistenza, sviluppo software — connessi ai dati interni, in modo che l’agente non sia un’idea astratta, ma un’entità inserita nel tessuto operativo dell’organizzazione.
Il prezzo, come detto, è pensato per facilitare l’adozione: piani che partono da 30 $ per licenza includono tutte le funzionalità già presenti nel piano Gemini Business e aggiungono questa integrazione aziendale. L’approccio low-code/no-code permette anche a team non strettamente tecnici di costruire agenti personalizzati, estendendo la sperimentazione oltre l’ambito dei soli specialisti.
Interessante è l’ambizione dietro la visione: non solo agenti che rispondono a richieste, ma agenti che “pensano” ai processi che fanno, che orchestrano azioni tra sistemi diversi, che auto-ottimizzano. Per fare questo, la struttura deve supportare integrazione profonda, governance centralizzata, monitoraggio, sicurezza e auditability, per evitare che l’agente diventi una scatola nera incontrollabile. Google sottolinea come Gemini Enterprise sia una piattaforma completa: modelli Gemini potenziati, infrastruttura dedicata (inclusi TPU), connettori per i sistemi aziendali e un ecosistema di partner che possono costruire estensioni o agenti specifici.
Già prima del lancio ufficiale, alcuni clienti pilota hanno iniziato a impiegare Gemini Enterprise in azione reale. Virgin Voyages, ad esempio, ha sviluppato decine di agenti personalizzati che supportano attività come la creazione di campagne email con tempi dimezzati, contribuendo a incrementi vendite anno su anno. Best Buy, d’altro canto, ha migliorato la capacità dei clienti di riprogrammare consegne autonomamente, con un incremento del 200% in queste azioni autonome. Organizzazioni sanitarie hanno adottato agenti per migliorare i passaggi di consegna tra turni infermieristici, stimando risparmi temporali significativi. Google stesso ha dichiarato che sempre più linee di codice interne alla società sono originate — almeno in parte — da modelli generativi.
Con Gemini Enterprise, Google punta a cambiare il verso del rapporto tra azienda e intelligenza artificiale: non più IA “sperimentale” o “accessoria”, ma IA come infrastruttura operativa quotidiana. Se l’operazione riuscirà, potremmo osservare un cambio di paradigma: agenti che non solo rispondono, ma agiscono, orchestrano, apprendono, integrandosi profondamente con processi, dati e persone.