È possibile che una delle canzoni più ascoltate al mondo in questo momento sia il frutto di algoritmi anziché di voci umane? Secondo un recente articolo di BestMovie, il singolo Golden — colonna sonora del film d’animazione KPop Demon Hunters — ha scalato le classifiche fino a raggiungere il primo posto della Billboard Hot 100, e dietro c’è l’elemento sorprendente di una boy band virtuale, i Saja Boys, che suscitano interrogativi sull’uso dell’intelligenza artificiale nella creazione musicale.
Quel che rende intrigante questa vicenda è il contrasto tra la dimensione “virtuale” del gruppo e il suo impatto reale nel mercato musicale. Non si tratta semplicemente di un’artista che adotta strumenti digitali: qui un progetto mediatico ha costruito un “mondo” musicale intorno a personaggi non fisici, dotati di una presenza che ha sfondato le playlist globali.
Il racconto comincia con il film: KPop Demon Hunters propone una trama in cui un gruppo musicale interagisce con demoni attraverso la musica stessa. Il singolo Golden, parte integrante della colonna sonora, è stato sposato dall’elemento narrativo e lanciato in modo da essere percepito come hit reale. Ciò che fa riflettere è che i Saja Boys sono una boy band “virtuale” — non persone vere, almeno non da intendere come artisti tradizionali — e tuttavia hanno acquisito visibilità e ascolti da record.
Nel panorama delle sperimentazioni musicali basate sull’intelligenza artificiale, progetti simili non sono del tutto isolati: da anni si studiano modelli generativi musicali che producono melodie, armonie, arrangiamenti in autonomia (o con un certo grado di guida umana). Ma in questo caso la scalata verso le classifiche comincia a essere un test molto “reale” della credibilità di questi approcci.
Un aspetto da considerare è che, anche quando l’IA gioca un ruolo centrale, spesso non fa tutto da sola: è molto probabile che parti del brano — testi, voce, produzione — siano state curate da umani o messe a punto con interventi umani. Il modello generativo può occuparsi di melodie, arrangiamenti o spunti sonori, ma la “finitura” artistica rimane spesso nelle mani di produttori, sound engineer, autori. Il confine tra “composizione automatica” e “strumento assistito” è sottile e spesso sfumato.
Ciò che il caso Golden mostra con chiarezza è la potenza dell’incapsulamento narrativo”: quando un brano è integrato in un universo (film, personaggi, marketing immersivo), la distinzione tra “artistico” e “pubblicitario” si affievolisce. Il pubblico non ascolta solo la canzone, ma la storia, l’identità della band, l’esperienza.
Ma siamo ancora distanti da un “modello IA che conquista le classifiche senza alcun intervento umano”. Molti ostacoli restano: coerenza emotiva, complessità del timbro vocale, variazioni espressive, sfumature interpretative — elementi che oggi l’IA fatica a replicare con credibilità piena.